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L’assegno divorzile ed il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali.

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 La Corte di Cassazione con un'ordinanza del 5 maggio 2023 n. 11832 si è occupata nuovamente dei presupposti in presenza dei quali l'ex coniuge matura il diritto a beneficiare di un assegno di divorzio, in relazione alla sua funzione perequativo – compensativa.

Con sentenza definitiva nel giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale di Imperia, revocava a Caia l'assegnazione della casa coniugale e poneva a carico dell'ex marito l'obbligo di versare un assegno divorzile di euro 400,00 al mese.

La Corte d'Appello respingeva il gravame rilevando che sussisteva una disparità economica tra le parti, difatti da una parte un importo di euro 2.500,00 contro 1.250,00 dall'altra, oltre alle diverse professionalità per cui appariva verosimile che la donna si fosse occupata durante i 20 anni del matrimonio della famiglia e dei figli.

Inoltre, la presenza di una invalidità al 50% e l'età, facevano presumere che molto probabilmente, ella non potesse migliorare la propria situazione economica. 

 Inoltre, Tizio beneficiava dell'utilizzo della casa coniugale e della cessazione dell'obbligo di mantenimento dei figli mentre l'ex moglie avrebbe dovuto corrispondere un canone di locazione.

L'uomo ricorre in Cassazione deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 5 comma 6 Legge 898/1970 in tema di riconoscimento, determinazione e quantificazione dell'assegno di divorzio, per la differenza economica tra le due parti in spregio a quanto indicato dalle Sezioni Unite.

Secondo tale ricostruzione, la Corte distrettuale avrebbe conferito una portata determinante alla differenza reddituale tra gli ex coniugi senza porre detto squilibrio in relazione agli altri parametri individuati dalla legge, in particolare al contributo dato dalla donna alla formazione del patrimonio familiare e di quello personale del coniuge ossia alla circostanza che lo squilibrio dipendesse da scelte fatte e condivise durante la vita matrimoniale con il sacrificio delle proprie aspettative professionali.

 La Cassazione nell'accogliere il ricorso in merito all'assegno divorzile ribadisce:

la Corte oltre a non valutare la finalità assistenziale, non ha fatto buon uso dei criteri di accertamento della funzione perequativo – compensativa, pur consapevole che per ritenere sussistente detta componente la differenza di reddito e patrimonio delle parti rileva in quanto sia in relazione casuale con la scelta di dedicarsi alla famiglia; ha invece invertito i termini dell'accertamento partendo dal dato della differenza economica e ritenendo che da ciò sia verosimile ritenere che la donna si sia dedicata alla famiglia;

invece occorreva accertare gli altri profili sulla base di tutti i fatti rappresentati ed emersi nel giudizio, in particolare se emerge la circostanza che la donna nel corso del matrimonio ed il periodo di separazione si fosse dedicata alla famiglia ed ai figli ed in che misura e se ciò avesse determinato una riduzione delle sue possibilità di guadagno;

il riconoscimento dell'assegno divorzile in funzione perequativo – compensativa non si fonda sul fatto che uno degli ex coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e dei figli, né sull'esistenza in sé di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi essendo invece necessaria un'indagine sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta di dedicarsi prevalentemente all'attività familiare, la quale assume rilievo nei limiti in cui comporti sacrifici di aspettative professionali e reddituali .

 

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