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Istruzione. Legittima la distinzione tra gli educatori di sesso maschile e femminile

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Con sentenza n. 1/2022 del 4 gennaio 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art.4-ter, co.3 D.L. n.255/2001 (Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002, convertito nella L. n.333/2001), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione «nella parte in cui esclude l'accesso al posto disponibile per il personale educativo (…) alle aspiranti di sesso femminile» (fonte https://www.gazzettaufficiale.it/30giorni/corte_costituzionale).

Vediamo la vicenda che ha dato luogo al vaglio di legittimità costituzionale.

I fatti di causa.

La ricorrente, a seguito di superamento di concorso, è stata inserita nel personale educativo con il profilo di educatrice nelle istituzioni previste dal D.lgs. n. 297/1994 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado) ed è stata collocata al primo posto nella graduatoria a esaurimento della Provincia. Tuttavia l'ufficio scolastico regionale, dopo aver disposto con decreto la copertura per l'anno scolastico 2020/2021 di due posti disponibili per il personale educativo, ha attinto alla graduatoria di merito e a quella a esaurimento nella misura di un posto ciascuna, stabilendo con decreto la riserva del posto disponibile agli aspiranti di sesso maschile.

Conseguentemente la ricorrente ha impugnato il decreto chiedendo di accertare la natura discriminatoria del suddetto decreto; di ordinare all'amministrazione resistente di cessare la condotta discriminatoria rettificando il decreto e di ammettere la ricorrente all'assegnazione del posto disponibile nel ruolo del personale educativo in ragione della sua posizione nella graduatoria a esaurimento.

Il giudice adito ha ritenuto fondata la natura discriminatoria della norma di cui all'art.4-ter, co.3 D.L. n.255/2001, la quale, disponendo che la «distinzione tra alunni convittori e alunne convittrici opera ai soli fini dell'individuazione dei posti di organico per le esigenze delle attività convittuali da affidare a personale educativo rispettivamente maschile e femminile», introdurrebbe una irragionevole deroga al principio di non discriminazione in base al genere espresso dagli artt. 3 e 51 Cost. 

Inoltre a parere del giudice adito, la ratio della norma succitata, consistente nell'esigenza di creare le condizioni affinché la relazione educativa possa svolgersi in modo paritario e confidenziale, evitando forme di soggezione negli allievi accolti nelle istituzioni convittuali, sarebbe anacronistica in quanto in contrasto con la «forte impronta educativa, "globale" e "unisex"» che caratterizza la formazione dei giovani nella società contemporanea.

Il giudice a quo ha, pertanto, sollevato la questione di legittimità costituzionale.

La decisione della Corte costituzionale.

La Suprema Corte ha rilevato che l'art. 4-ter D.L. n. 255/2001 persegue un duplice scopo:

1) garantire la parità di genere e

2) porre rimedio all'incertezza, sorta nel previgente assetto normativo, circa la necessità di applicare alla formazione delle graduatorie del personale educativo la stessa distinzione tra gli istitutori e le istitutrici, rispettivamente destinati alle istituzioni convittuali maschili e femminili, prevista per i ruoli dall'art. 446, co. 1 D.Lgs. n.297/1994.

A tali fini sono stati unificati i ruoli provinciali del personale educativo di sesso maschile e femminile di cui al citato art. 446 e le correlate graduatorie di cui all'art. 4-ter, co.2, D.L. n. 255/2001. Tuttavia il co. 3 art. 4-ter ha mantenuto ferma la distinzione tra gli educatori di sesso maschile e femminile ai fini dell'individuazione, nell'ambito della dotazione organica, dei posti da assegnare alle attività convittuali destinate agli alunni convittori e alle alunne convittrici. Questo criterio distintivo corrisponde chiaramente all'omologa differenziazione operata dal legislatore nel prevedere distinte istituzioni educative per convittori di sesso maschile e per convittrici di sesso femminile. A questo proposito la Corte costituzionale ha ricordato le disposizioni di cui agli artt.203 e 204 D.Lgs. n. 297/1994 che disciplinano rispettivamente i convitti nazionali, i quali «hanno per fine di curare l'educazione e lo sviluppo intellettuale e fisico dei giovani che vi sono accolti» e gli educandati femminili dello Stato, i quali «hanno per fine di curare l'educazione e lo sviluppo intellettuale e fisico delle giovani che vi sono accolte».

 Inoltre questa classificazione è stata recepita dall'art.20 D.P.R. n.81/2009 (Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola) a norma del quale «[e]ntro il limite massimo di personale determinato per effetto del conteggio di cui al comma 1, i dirigenti delle istituzioni educative definiscono la ripartizione dei posti da assegnare, distintamente, al personale educativo maschile e a quello femminile».

Da queste argomentazioni la Corte ha dedotto che nel sistema educativo delineato dal legislatore attraverso l'istituzione di strutture convittuali, la distinzione tra educatori ed educatrici è speculare e funzionale alla separazione tra gli allievi convittori e le allieve convittrici.

Conseguentemente la suddetta distinzione consente la realizzazione delle finalità di cui all'art. 4-ter, D.L. n. 255/2001 e l'eventuale verifica della perdurante rispondenza della finalità dell'attuale disciplina agli orientamenti e ai valori radicati nella coscienza sociale spetta alla discrezionalità del legislatore.

Sulla base delle suesposte argomentazioni la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4-ter, co. 3 D.L. n. 255/2001 in riferimento agli artt. 3 e 51 Cost.

 

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