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Riferimenti normativi: Artt. 3 e 4 del D. Lgs. n.7/2016
Focus: È noto che l'operato dell'amministratore è costantemente sottoposto al vaglio dei condòmini e specialmente nelle assemblee condominiali, in cui deve essere deciso il rinnovo o la revoca del manadato, è spesso causa di tensioni che sfociano in vere e proprie espressioni verbali volte all'offesa personale del professionista che può agire legalmente chiedendo il risarcimento del danno ai condòmini. Sulla questione si è pronunciato il Tribunale di Paola con la sentenza n. 516 del 28 giugno 2024.
Nel caso di specie l'ex amministratore di un condominio citava in giudizio un condòmino al fine di ottenere il risarcimento del danno subito a seguito della condotta diffamatoria e calunniosa posta in essere nei suoi confronti dal convenuto durante l'assemblea condominiale. Nel corso dell'assemblea condominiale il convenuto rivolgendosi all'amministratore lo aveva apostrofato come "sgarbato, sgradevole, incline alla polemica e anche alla minaccia" ed aveva anche appurato che metteva in atto nei confronti degli artigiani locali, richiesti, una pratica sleale ed illecita, configurabile come estorsione, chiedendo loro di praticare ai clienti prezzi comprensivi di esosi e odiosi sovrapprezzi tali da rendere sconvenienti i loro servigi, per cui gli stessi si rifiutavano di prestare la loro opera nel complesso residenziale. A seguito di ciò non era stato confermato come amministratore e aveva iniziato a soffrire di turbamenti psicologici, sia come professionista che come uomo.
Di conseguenza rivendicava il proprio diritto, ai sensi dell'art. 2043 c.c., al risarcimento del danno non patrimoniale subito, da liquidarsi in via equitativa in almeno € 25.000,00, oltre interessi dalla sentenza fino all'effettivo soddisfo, nonché al danno patrimoniale da mancato rinnovo dell'incarico di amministratore. Chiedeva, inoltre, che venisse accertato il nesso di causalità tra la condotta calunniosa del convenuto ed il venir meno del rapporto fiduciario fra l'amministratore ed il condominio, con conseguente condanna del colpevole al pagamento della somma di € 500,00 a titolo di lucro cessante, quale danno patrimoniale subito dall'attore. Il Tribunale ha respinto le richieste del ricorrente ritenendo la domanda inammissibile ed infondata. Il giudice, infatti, ha ritenuto che l'attacco rivolto nei confronti dell'amministratore del condominio non era teso alla denigrazione e all'offesa personale ma ad una severa censura del suo operato per aver questi assunto delle condotte prevaricatorie nei confronti dei condomini amministrati. La condotta illecita ascrivibile, nella fattispecie, al convenuto non può configurarsi di tipo "diffamatorio" né di tipo "calunnioso". Non è diffamatoria perché le affermazioni offensive sono state proferite nel corso dell'assemblea condominiale e in presenza dell'attore; non è calunniosa perché manca, a monte, la formale incolpazione mediante "denunzia, querela, richiesta o istanza" all'autorità. La condotta illecita del convenuto va, invece, riqualificata come "ingiuriosa", la quale, pur non costituendo più un reato per effetto della depenalizzazione disposta con il D. Lgs.n. 7/2016, conserva la sua valenza di illecito aquiliano e soggiace anche alla pena pecuniaria ( Artt. 3 e 4 del D. Lgs. n.7/2016).
La giurisprudenza ha individuato nel tempo alcuni criteri che permettono di valutare se un comportamento può essere giustificato dall'esercizio del diritto di critica o del diritto di cronaca. Tali requisiti sono: la veridicità dei fatti, la continenza e l'interesse sociale alla conoscenza. Nel caso esaminato sussistono, secondo il Tribunale, i criteri enunciati: il condomino ha riferito di aver "appreso" da terzi il modo di procedere dell'amministratore, con la conseguenza che sussiste il requisito della verità che, nell'ambito del diritto di critica, può essere anche meramente putativa (il condomino si è convinto che le notizie fossero vere). Sussiste l'interesse dei condomini alla conoscenza dei fatti espositi e delle critiche rivolte all'operato dell'amministratore, perché riguardano il modo di gestione dei beni comuni affidato alla responsabilità dell'amministratore. Infine, sussiste pure il requisito della continenza, dal momento che le espressioni utilizzate non sono di per sé offensive della dignità personale del destinatario delle stesse perché volte a contestare il suo operato come amministratore dei condomini. Pertanto, il giudice ha ritenuto che il comportamento del condomino rientra nel novero del diritto di critica (Cass. pen. sez. V, 05/12/2014, n. 5633) e le parole usate dal condomino sono state considerate chiara espressione di una valutazione (necessariamente soggettiva) di grave disapprovazione circa i comportamenti denunciati e le modalità di gestione dell'incarico di amministratore condominiale.
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Il mio nome è Carmela Patrizia Spadaro. Esercito la professione di Avvocato nel Foro di Catania. Sin dal 1990 mi sono occupata di diritto tributario formandomi presso la Scuola Tributaria "Ezio Vanoni" - sez.staccata di Torino.. Sono anche mediatore iscritta all'Albo della Camera di mediazione e conciliazione del Tribunale di Catania dal 2013. Da alcuni anni mi occupo di volontariato per la tutela dei diritti del malato. Nel tempo libero coltivo I miei hobbies di fotografia e pittura ad olio.