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L'avvocato XXXX si avviò con passo lento e con il capo chino verso la sua trattoriola, proprio dietro Campo de' Fiori. Erano gli anni '70, ancora esistevano quelle trattorie dove l'oste era il padrone, cuoco, inserviente, tutto insieme, aiutato dalla moglie o dal figlio. La mattina presto l'oste andava al mercato, sceglieva gli ingredienti del menù fisso giornaliero, e poi andava a cucinare.
Com tremila lire (un euro e 50, per intenderci) si mangiava un primo, un secondo, pane, acqua e un bicchiere di vino bianco: senza possibilità di scelta, quello che c'era c'era.
L'avvocato XXXX era preoccupato e amareggiato. Aveva saltato un termine per un deposito in una vicenda importante, e non riusciva a farsene una ragione. Sto invecchiando, pensava, mia moglie non c'è più,mio figlio lavora all'estero. Per questo lui era dominato da un sentimento pervasivo, invadente, continuo: la solitudine.
L'unico momento di socializzazione che si concedeva, oltre le mattinate in Tribunale e gli appuntamenti nel suo studio pieno di carte e polvere, era il pranzo quotidiano in trattoria (il centro di Roma era pieno, allora, di posti come questo che lui aveva eletto a suo personale rifugio).
Si preparò quindi a mangiare, sbocconcellando una rosetta presa dal cestino: aspettava una minestra di arzilla (chi è romano sa che cosa è, e gli altri se lo vadano a guardare, e poi una soglioletta). Era o non era venerdì, porca la miseria, e lui non aveva saltato il termine, accidenti?
Il trattore era metodico. L'avvocato sapeva sempre, dopo anni di frequentazione, cosa avrebbe mangiato.
E così, quando Mario, l'oste, col suo zinale, le maniche rimboccate e il tovagliolo sulla spalla destra, gli posò davanti un piatto di gnocchi, alzò lo sguardo e disse: " A Ma', e perchè gli gnocchi mò?" E Mario pronto rispose "Avvocà, e sò dieci anni che vieni a mangiare qui, e che 'un ce lo sai che er giovedì gnocchi, e sabato trippa?".
L'avvocato ebbe un sussulto, poi si alzò in piedi e stampò un bacio sulla guancia destra di Mario "Avvocà, ma che fa?" "Lascia fà, Mario. Non puoi capire, ma mi hai regalato un anno di vita, forse due, toh!"
Era giovedì. Lui, triste e solo, che parlava delle cose sue solo con la fotografia della moglie che teneva sulla scrivania, a mezzogiorno e mezza si era fatto convinto che fosse venerdì. E quindi l'atto che doveva essere depositato appunto venerdì, per lui era bello che andato. Per questo, lambiccandosi il cervello su cosa inventare per giustificare una tale mancanza se ne era andato strascicando i piedi alla trattoriola: e lì, insieme agli gnocchi, era arrivata la salvezza.
Mangiò di gusto, anche se la tristezza di non poter raccontare alla amata moglie l'equivoco diventato ormai un gustoso anedotto gli faceva venire il magone.
Giovedì gnocchi, amore mio....
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