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Ex rifiuta posto di lavoro? Per la Cassazione, l'assegno non spetta se l’offerta di lavoro era seria.

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 Cosa succede se la ex moglie rifiuta dopo il divorzio un'offerta di lavoro relativamente all'assegno di divorzio?

E' possibile ottenerne la revoca?

Orbene si ritiene che il giudice in questi casi debba valutare la serietà, la stabilità, l'effettività e la congruità dell'offerta di lavoro.

A tal proposito è difatti intervenuta di recente la Cassazione con l'ordinanza n. 2684/2023.

Secondo le conclusioni della stessa l'ex che rifiuta una proposta lavorativa sera e stabile non ha diritto a percepire l'assegno di divorzio dall'ex coniuge.

Quali le considerazioni? Tra i doveri post coniugali c'è anche quello di divenire autoresponsabili e capaci di autodeterminazione, concetto che passa anche dalla capacità di divenire autonomi rispetto all'ex marito.

Ripercorriamo in breve la vicenda processuale.

Dopo il divorzio, un uomo ricorre in giudizio per chiedere la revoca dell'assegno divorzile di 48.000,00 euro annui che corrisponde alla moglie e ciò alla luce di alcuni fatti sopravvenuti tra cui la nuova convivenza e l'aver rifiutato una proposta di  lavoro.

 Il decreto di accoglimento, però,  viene riformato in parte in sede di appello, stante la non dimostrata convivenza stabile della donna con un altro uomo.

Inoltre per la Corte è irrilevante l'offerta di lavoro e di una polizza assicurativa da parte dell'ex marito nel corso di giudizio e non menzionate in sede di ricorso. Le stesse appaiono strumentali rispetto alla volontà di non voler più corrispondere l'assegno.

Infatti, il rifiuto della donna dell'offerta è apparso alla Corte corretto,  rispetto al fatto che in sede di divorzio si era stabilito che l'importo sarebbe stato rivisto solo nel caso in cui la donna avesse trovato un impiego part- time con stipendio mensile superiore a 1000 euro.

L'uomo decide però di ricorrere in Cassazione ritenendo errata la valutazione della Corte sulla revoca dell'assegno in ragione della esistenza di una nuova famiglia di fatto.

Difatti l'uomo dichiarava l'esistenza della stabilità affettiva della nuova relazione e lamenta la mancata ammissione di una prova testimoniale e di un interpello finalizzati a dimostrare detta stabilità.

Ed ancora lamenta il mancato rilievo dato dalla Corte di Appello al fatto che ci fosse stata una proposta lavorativa e alla polizza per una pensione integrativa e l'omesso esame della domanda di riduzione dell'assegno, avanzata in via subordinata.

 La Cassazione, nel pronunciarsi sui vari profili del ricorso, dichiara infondato il motivo con cui l'ex marito chiede la revoca dell' assegno divorzile per la nuova convivenza della moglie.

Tale revoca non può essere disposta automaticamente, poiché richiede una valutazione del nuovo rapporto in termini di stabilità.

Risulta invece fondato il motivo con cui si lamenta della mancata ammissione delle prove testimoniali richieste  proprio al fine di accertare i caratteri della nuova convivenza di fatto.

Fondato è anche il motivo con cui il ricorrente lamenta l'omessa considerazione dell'offerta lavorativa alla ex moglie e della polizza assicurativa.

La Corte avrebbe dovuto valutare difatti la serietà dell'offerta lavorativa, la stabilità e l'effettività del posto di lavoro e la congruità dell'impiego rispetto alla formazione della donna.

Se si fosse accertato che l'offerta era valida, seria e che avrebbe garantito un reddito annuo di 34.000 euro, la stessa, rifiutandola, avrebbe violato i doveri post coniugali, che richiedono alle parti di rendersi autonomi rispetto all'ex coniuge, stante la necessità di autodeterminarsi ed essere responsabili di se stessi.

 

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