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Emotrasfusioni: l’ASL deve provare la provenienza delle sacche di sangue

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Con l'ordinanza n. 852 dello scorso 17 gennaio, la Cassazione ha fornito importanti precisazioni sul riparto dell'onere della prova nelle controversie inerenti il risarcimento dei danni conseguenti ad infezioni contratte a seguito di emotrasfusioni, escludendo che incomba sul paziente dimostrare l'esatta provenienza delle sacche di sangue.

Si è difatti specificato che "l'impossibilità di tracciare una sacca di sangue trasfusa comporta un'irregolarità nella tenuta della cartella clinica cui può ricollegarsi, con riguardo alla prova presuntiva, l'affermazione di responsabilità contrattuale.".

Un uomo citava in giudizio il Ministero della Salute e l'ASL di Napoli per il risarcimento dei danni patiti per aver contratto, in conseguenza di una trasfusione di sangue infetto somministratagli presso la ASL della Campania, il virus HBV.

Sia il Tribunale che la Corte d'appello di Napoli rigettavano la domanda per mancanza di prova di inadempienze o negligenze del personale medico dell'ospedale.

I giudici ritenevano che l'omissione o l'insufficienza dei controlli del sangue avrebbe potuto condurre ad una pronuncia di condanna dell'azienda ospedaliera qualora la parte istante avesse allegato l'avvenuta utilizzazione di sacche di sangue estranee ai circuiti autorizzati dal Ministero; di contro, il paziente si era limitato ad ipotizzare la provenienza del sangue da sacche ignote, dopo che, dall'esame della cartella clinica esaminata dal CTU, era emersa la mancata annotazione del referto di accompagnamento del Centro Emotrasfusionale. 

Avverso tale sentenza ricorreva in Cassazione il paziente censurando la sentenza per aver ritenuto che non potesse incombere sull'Asl la prova di aver fornito sacche di sangue sano: in tal modo, si era invertito l'onere della prova, ponendo a carico del danneggiato, oltre che la prova del fatto e del nesso causale, anche la prova della colpevolezza della struttura quando, in base ai principi della responsabilità contrattuale, era onere del debitore provare che l'inadempimento o il ritardo era stato determinato da impossibilità della prestazione, derivante da causa a lui non imputabile.

A sostegno della propria tesi, richiamava la giurisprudenza secondo cui la prova del nesso causale, nella responsabilità per inadempimento contrattuale in materia di sangue infetto, è ripartita tra danneggiato e struttura ospedaliere, nel senso che il danneggiato deve provare che l'esecuzione della prestazione si è inserita nella serie causale che ha condotto all'evento di danno, mentre grava sulla struttura l'onere di provare di aver agito con diligenza, ad esempio dimostrando che le sacche di sangue utilizzate provenivano dai centri preposti alla fornitura/alla tracciabilità ed al controllo.

La Cassazione condivide le censure formulate dal ricorrente. 

 In punto di diritto, la Corte ricorda come, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell'onere probatorio l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.

Ne deriva che, provato, da parte del paziente, anche a mezzo di presunzioni, la relazione causale tra la condotta e la lesione, l'onere della prova della causa non imputabile grava sul presunto danneggiante e, in assenza di tali prove, la responsabilità della struttura non può ritenersi esclusa. Difatti, l'impossibilità di tracciare una sacca di sangue trasfusa comporta un'irregolarità nella tenuta della cartella clinica cui può ricollegarsi, con riguardo alla prova presuntiva, l'affermazione di responsabilità contrattuale.

Con specifico riferimento al caso di specie, avendo il paziente provato, anche a mezzo di presunzioni, la relazione causale tra la condotta e la lesione, l'onere della prova della causa non imputabile e dell'assenza di colpa gravava sul presunto danneggiante che, sul punto, nulla ha dimostrato.

In virtù di tanto, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Napoli, in diversa composizione, che deciderà sul merito della controversia e sulle spese del giudizio di Cassazione.

 

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