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Con l'ordinanza n. 9100 depositata lo scorso 2 aprile, la I sezione civile della Corte di Cassazione, ha confermato la legittimità di un provvedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale adottato in mancanza di un difensore che rappresentasse i figli minori, posto che la partecipazione del Pubblico Ministero assolve al compito di tenere presente proprio il superiore interesse della prole, stante il preminente diritto dei minori ad una crescita sana ed equilibrata.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal ricorso promosso, ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c., dal P.M. al fine di dichiarare la decadenza dalla responsabilità genitoriale di una coppia di coniugi.
Il Tribunale dei Minorenni di Bologna, con provvedimento definitivo, li dichiarava decaduti dalla potestà sui figli, nominando tutore provvisorio il Servizio sociale affidatario e disponendo il collocamento dei minori presso idonea famiglia.
La Corte d'Appello di Bologna confermava la statuizione, ritenendo che nessun elemento nuovo era intervenuto, idoneo a modificare il quadro che aveva portato all'adozione del provvedimento, unico idoneo a garantire una situazione di stabilità, affettiva ed economica, ai minori.
Avverso il decreto, i genitori proponevano ricorso per Cassazione, denunciando violazione dell'art. 336 c.c.. ultimo comma, nella parte in cui impone la assistenza del difensore a favore dei genitori e dei minori.
Più nel dettaglio, i ricorrenti sostenevano che il procedimento dovesse ritenersi nullo per un duplice ordine di ragioni: nel corso del primo grado del procedimento, né i genitori, né i minori erano stati assistiti da un difensore; in sede di reclamo, allorquando essi non erano più i rappresentanti dei figli, sebbene fossero stati assistiti da un difensore, nessuno era intervenuto per i minori, né un tutore provvisorio, né un difensore all'uopo nominato.
La Cassazione non condivide le difese formulate dai ricorrenti.
In punto di diritto, i Supremi Giudici ricordano che il procedimento per la decadenza dalla responsabilità genitoriale contempla espressamente il pubblico ministero tra i legittimati al relativo promovimento e ne disciplina la partecipazione, mentre i genitori ed il minore sono assistiti da un difensore.
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come nessuna violazione del diritto di difesa sia avvenuto: difatti, in primo grado i ricorrenti – che ancora avevano la rappresentanza dei minori – avevano volontariamente scelto di non essere assistiti da un difensore tecnico, pur potendo avvalersi, in presenza dei presupposti di legge, anche del patrocinio a spese dello Stato; in secondo grado, invece, sebbene gli stessi non risultassero più i tutori dei minori, cionondimeno la prole era stata adeguatamente tutelata dalla stessa partecipazione del Pubblico Ministero.
In particolare, nell'arco del procedimento, vi è stata ampia tutela dell'interesse della prole e, in concreto, non si è realizzata alcuna menomazione del diritto di difesa posto che la vigilanza istituzionale del Pubblico Ministero serve proprio a tutelare, ad ampio raggio, gli interessi superiori della prole, garantendo il loro preminente diritto ad una crescita sana ed equilibrata, anche avviando concreti progetti che consentano il ricongiungimento con la famiglia di origine.
Tale conclusione, secondo la Corte, è avvalorata dal raffronto tra la disciplina che caratterizza il procedimento di cui all'art. 336 c.c., oggetto del giudizio, e quella prevista dalla L. 4 maggio 1983, n. 184 in tema di adozione.
Nel procedimento di adozione, infatti, l'articolo 10 comma 2, vigente ratione temporis, espressamente invita i genitori o, in mancanza, i parenti a nominare un difensore, informandoli che, qualora non vi provvedano, si procederà alla nomina di un difensore d'ufficio, in quanto – per la gravità dei provvedimenti adottabili – la partecipazione agli accertamenti è consentita a tali soggetti con l'assistenza del difensore; invece, l'art. 336 c.c., applicandosi ad una pluralità molto articolata e sfumata di provvedimenti finali che non condividono la gravità di quello tratteggiato dalla norma sulle adozioni, non contempla alcuna di tali previsioni, sicché la difesa tecnica è solo eventuale ed è rimessa alla libera scelta delle parti, senza alcuna imposizione di difesa d'ufficio.
Compiute queste precisazioni, la Cassazione rigetta il ricorso.
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