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Con la sentenza n. 30004 depositata lo scorso 26 ottobre, la I sezione civile della Corte di Cassazione, ha confermato lo stato di adottabilità di una minore per i comportamenti del padre, essendo quest'ultimo incapace di gestire le pulsioni violente e rabbiose che sovente si manifestavano nella vita quotidiana.
Si è difatti precisato che lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psicofisico del minore.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal ricorso proposto dalla Procura della Repubblica affinché fosse dichiarato lo stato di adottabilità di una bambina.
L'istanza traeva origine dal comportamento del padre, che aveva assunto una pluralità di comportamenti violenti endofamiliari durante la vita di coppia con la madre della minore e successivamente un costante atteggiamento ostile verso le agenzie pubbliche di sostegno.
In ragione di tanto, la bambina era stata affidata ai servizi sociali per le gravi carenze genitoriali riscontrate.
Il Tribunale dei minori di Bologna dichiarava lo stato di adottabilità del minore, con decadenza dalla responsabilità genitoriale dei genitori.
La decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di Bologna, avendo la stessa accertato lo stato di abbandono della minore, atteso il disturbo delle capacità affettive del padre, incapace di riflettere sul significato delle proprie reazioni emotive e affetto, soventemente, da aggressività e rivendicatività polemica verso le istituzioni, con scarsa capacità di contenimento.
Durante l'istruttoria, il CTU aveva inoltre rilevato la continuità dei vissuti rivendicativi dell'uomo, sicché – nonostante il percorso volto al recupero della capacità genitoriale, necessaria a garantire alla minore stabilità affettiva e condizioni di vita capaci di garantire il suo sviluppo e la sua crescita armonica – permaneva un ragionevole dubbio sulla capacità del padre di cambiare la sua disponibilità verso una revisione critica dei comportamenti, rimanendo ferma la sua ossessione ad una macchinazione pubblica volta a escludere la relazione con la figlia, senza alcun pensiero rivolto verso le condizioni attuali di vita della minore.
Avverso la decisione, proponeva ricorso per Cassazione il papà della bambina, deducendo la violazione degli articoli 1, 5 ed 8 della legge 184/1983, in relazione all'applicazione dei principi posti a base della dichiarazione di abbandono.
In particolare, l'uomo si lamentava della circostanza per cui i giudici non avevano considerato i riscontri positivi ottenuti nella prima fase degli incontri con la bambina, né avevano analizzato le cause del cambio di atteggiamento da parte del ricorrente, dovuto alla decisione dei Servizi Sociali di interrompere i rapporti tra padre-figlia, al fine di castigare l'uomo senza ispirarsi al parametro normativo dell'interesse preminente del minore a restare nella sua famiglia di origine.
La Cassazione non condivide la posizione del ricorrente.
La Corte premette che lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psicofisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito.
Ciò chiarito, con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la Corte territoriale abbia ampiamente motivato la sua scelta di confermare lo stato di adottabilità, all'esito di una complessa indagine, esaurientemente motivata, della capacità genitoriale del padre.
Di contro, le doglianze rilevate dal ricorrente mirano ad una nuova valutazione dei fatti e sono dirette a colpevolizzare i servizi territoriali, senza alcun rilievo relativo alla specifica valutazione della capacità genitoriale oggetto delle sentenza impugnata.
In particolare, il ricorrente contesta la mancata considerazione, ai fini del giudizio sullo stato di abbandono, dell'interruzione degli incontri e delle carenze dei servizi sociali, senza prendere minimamente in considerazione – né contestare – quello che è stato il nucleo decisionale della valutazione negativa sull'idoneità genitoriale, ovvero le condotte reiterate aggressive e violente nonché la rabbia non elaborata che ostacolava il riconoscimento delle effettive esigenze di una relazione genitoriale con la figlia minore.
Compiute queste precisazioni, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, con compensazione delle spese processuali.
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