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Affido e adozione: differenze e funzioni.

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 Quando i servizi territoriali incontrano famiglie disponibili all'affido una delle prime preoccupazioni da parte degli operatori è quella di spiegare cosa significa " essere disponibili all'affido" e le differenze con l'adozione.

Con quest'ultimo istituto è ovvio che ci troviamo di fronte a persone desiderose di diventare finalmente genitori e formare una famiglia per "sempre".

Con l'affido si offre la propria disponibilità ad accogliere per un periodo di tempo il minore in difficoltà all'interno della propria famiglia, con l'obiettivo di sostenerlo e accudirlo, con la consapevolezza che il minore ritornerà prima o poi alla famiglia d'origine.

I compiti delle famiglie affidatarie e adottive in una prima fase sono simili. Si parla di accoglienza e difatti durante questo periodo, è importante che il bambino osservi e scopra un mondo nuovo, diverso, fatto dalle piccole cose che quotidianamente vive una famiglia, un modello di vita che per alcuni bambini costituirà una novità assoluta. In questa fase, il primo obiettivo dopo l'osservazione e la scoperta da parte del bambino di questo mondo "nuovo" è quello di aiutarlo a crescere in modo sano, un bambino non più, se lo era stato, abbandonato a se stesso, non più in balia degli eventi, ma, al centro dei pensieri degli adulti che lo aiuteranno a sviluppare una personalità sana, forte ed equilibrata.

Ma quali sono le caratteristiche e le differenze tra i due istituti?

La legge 4 maggio 1983, n. 184 inizialmente intitolata "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori", epigrafe successivamente modificata ad opera della Legge 26 marzo 2001, n.149 in " Diritto del minore ad una famiglia", afferma all'art. 1 che "Il minore ha il diritto di essere educato nell'ambito della propria famiglia"; l'art. 2 afferma che "Il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione.

Trattati, convenzioni internazionali hanno dato l'avvio al nostro legislatore che attraverso norme statali e regionali, l'impegno dei giudici, degli enti e di tutte le istituzioni coinvolte attuano il superamento dell'istituzionalizzazione dei minori e l'eliminazione di tutte quelle strutture che non possono sostituirsi al calore di una famiglia.

Parlando dell'affidamento esso è disposto dal servizio locale e cessa quando vengono meno le circostanze che lo hanno determinato o quando la sua prosecuzione rechi pregiudizio al minore. Gli affidatari verranno valutati per verificare la loro idoneità ad accogliere il fanciullo e dovranno consentire e favorire i rapporti tra il minore e la famiglia d'origine che lo riaccoglierà quando siano stati risolti i problemi che hanno portato al suo allontanamento. 

 L'affido familiare può essere:

  • giudiziale, nel caso in cui sia disposto dai servizi sociali e adottato tramite un provvedimento del giudice tutelare;
  • consensuale, nel caso in cui sia condiviso e approvato dai genitori. Nel caso di affido consensuale il dispositivo può contenere indicazioni per cui si abbia un affido part-time, limitato cioè ad alcune parti della giornata, o ad alcuni giorni della settimana.

Per quanto riguarda invece l'adozione essa è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità perché privi di assistenza morale e materiale, verifica che avviene a seguito di accertamenti approfonditi compiuti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore relativamente all'ambiente in cui ha vissuto. Quando dalle indagini effettuate risultano i genitori deceduti e non risultano parenti entro il quarto grado, il tribunale per i minori dichiara lo stato di adottabilità, salvo che esistano istanze di adozione ex art. 44 ed allora il tribunale deciderà secondo l'esclusivo interesse del minore.

Diversa è ovviamente la situazione quando dalle indagini risultino genitori e parenti che saranno allora, se possibile, ascoltati. Qualora a conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti risulti la situazione di abbandono il tribunale per i minorenni dichiara lo stato di adottabilità. In particolare quando:

  • i genitori e i parenti convocati non si sono presentati senza giustificato motivo;
  • l'audizione dei medesimi ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la loro non disponibilità ad ovviarvi;
  • le prescrizioni impartite sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori.

Durante lo stato di adottabilità è sospeso l'esercizio della potestàdei genitori. Lo stato di adottabilità cessa per adozione o per maggiore età dell'adottando o per revoca intervenuta nell'interesse del minore.

Occorre segnalare che l'adozione è in realtà possibileanche se il minore non è in stato di abbandono e ciò avviene nel caso dell'adozione in casi particolari che ha lo scopo di assicurare al minore l'inserimento in un ambiente familiare che gli assicuri quell'assistenza materiale e morale che la famiglia d'origine non riesce a dare.

L'iter adottivo si snoda quindi in 4 tappe:

  1. presentazione della domanda di adozione;
  2. accertamento dei requisiti della coppia;
  3. affidamento preadottivo che dura un anno con possibilità di proroga;
  4. dichiarazione di adozione.

A seguito dell'adozione il minore diventa figlio degli adottanti, ne assume il cognome e da un punto di vista giuridico cessano i rapporti tra l'adottato e la famiglia d'origine. Riepilogando le principali differenze tra affidamento e adozione sono: 

  • l'affido è temporaneo, l'adozione è definitiva;
  • nell'affido rimane sempre il legame con la famiglia d'origine che possono dare indicazioni riguardo l'educazione e l'istruzione del bambino, nell'adozione il legame con la famiglia d'origine viene interrotto per sempre;
  • nell'affido il bambino mantiene il proprio cognome e la propria residenza, nell'adozione il bambino diventa a tutti gli effetti figlio prendendo il cognome dei genitori adottivi e assumendo diritti e doveri;
  • nell'affidamento non sono previsti limiti rispetto alla differenza di età tra minore e affidatari, nell'adozione la differenza tra adottato e adottante deve essere compresa tra i 18 e i 45 anni.

Alla luce di quanto sopra detto si comprende che adozione ed affido sono due processi di solidarietà e di tutela verso i minori che hanno un ruolo sociale importante, ma diverso e non sovrapponibile. Nella realtà accade che:

  1. un grande numero di famiglie chiedono l'adozione di minori in tenera età;
  2. un grande numero di minori problematici (adolescenti, portatori di disabilità, di etnie differenti, ecc.) in condizione di adozione non trovano famiglia adottiva;
  3. esistono un piccolo numero di famiglie affidatarie disponibili rispetto ai casi da risolvere.

Ciò comporta un elevato numero di minori di età pre-adolescenziale e adolescenziale in strutture protette con necessità di ricorrere a casi di affido sine die di cui non si prevede a priori un ritorno nella famiglia naturale; un elevato numero di casi di insuccesso dell'adozione e ritorno del minore nel comparto dell'affido per garantirne la tutela; un elevato numero di coppie senza figli che si rivolge all'affido dopo aver sperimentato con insuccesso la via della adozione; operatori che, visto lo scarso numero di minori disponibili per l'adozione, invitano impropriamente le coppie a convergere verso l'affido.

Innanzitutto, occorre un approfondito esame della coppia che dovrà tenere il minore presso di sé per sempre o per un periodo determinato. Per poter ben operare gli affidatari debbono possedere una istintiva fiducia nelle potenzialità e nelle capacità di cambiamento di un bambino che ha sofferto e saper creare con lui un rapporto valido, ma non esclusivo come invece si verifica con le adozioni. L'affidamento familiare ha una funzione importantissima ed è un' alternativa valida all'istituzionalizzazione dei bambini, che provengono da famiglie temporaneamente in difficoltà.

Una risorsa dalle grandi potenzialità ma anche estremamente complesso per la pluralità degli attori coinvolti e per la sua intrinseca intensità emotiva. Si richiede di abbracciare un bambino con una storia complessa che coinvolgerà inevitabilmente anche la famiglia affidataria e di aiutare il bambino ad imparare a convivere con questa difficile storia. Per quanto concerne l'istituto dell'adozione è invece un evento critico che si inserisce tra un "prima" diverso per ciascun individuo fatto di tanta sofferenza e un "dopo" che in parte accomuna le coppie adottive. Qui si intravede la possibilità di un futuro nuovo per il bambino e per i genitori adottivi. Un bambino adottato è un bambino che deve sviluppare una nuova relazione di accudimento; che sentirà il bisogno di aggredire, di esperienze regressive, di esprimere odio; il bisogno di avere una sola comunità di appartenenza e non due. La domanda corretta quindi è non è se si sarà in grado di crescere un bambino, ma, se si è disponibili ad accogliere ed accompagnare un bambino che ha vissuto una o più storie di abbandono nella sua vita.

In conclusione l'adozione non è un percorso facile e ciò non solo dal punto di vista burocratico, ma soprattutto emotivo e relazionale ed anche dopo l'adozione sarà necessario un supporto.

Il lavoro da parte dell'equipe che segue la coppia e il bambino è fondamentale. Si tratta di un viaggio fatto di tappe dove anche qui il lavoro in sinergia è essenziale per la buona riuscita.

"Sei nato nel mio cuore, non nella mia pancia. Ti aspettavo e un giorno una stellina mi ha detto che eri nato nella pancia di un'altra mamma. Io e papà siamo venuti a cercarti" (A. Genni Miliotti, op. cit.).

 

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