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Con la sentenza n. 4266 dello scorso 5 ottobre, il Tar Campania, settima sezione, ha ribadito la legittimità di un'ordinanza con cui si era ordinata la demolizione di alcune strutture in legno realizzate su un'area demaniale marittima data in concessione.
Respingendo la tesi del concessionario – che eccepiva l'illegittimità dell'afflittiva misura sanzionatoria, adottata in assenza delle dovute garanzie partecipative – il Collegio ha precisato che "una volta accertata la realizzazione di interventi eseguiti in assenza o in totale difformità del permesso di costruire su suoli demaniali, l'ordinanza di demolizione, costituisce atto vincolato per la cui adozione non è necessario dare notizia dell'avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto, né è necessaria una specifica motivazione o la comparazione dei contrapposti interessi, né bisogna tener conto del lasso di tempo intercorso".
Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, un Comune emanava un provvedimento con cui ordinava la rimozione di tutte le opere abusive realizzate su un'area demaniale marittima data in concessione ad una ditta titolare di uno stabilimento balneare.
In particolare, era stata installata – a ridosso dell'arenile e della scogliera – una pedana in legno di ingenti dimensioni, di circa 120 mq, al pari delle altre strutture funzionali all'esercizio degli stabilimenti balneari; sia al momento del sopralluogo disposto dal Comune che al momento dell'emissione del provvedimento finale, nessun valido titolo edilizio era stato conseguito dal concessionario.
Ricorrendo al Tar al fine di avversare siffatto provvedimento e chiederne l'annullamento, il concessionario censurava la violazione di legge, il difetto di istruttoria e di motivazione, nonché l'omissione delle garanzie partecipative.
A tal fine, evidenziava come il Comune avesse adottato una misura eccessivamente afflittiva, senza valutare, alla luce delle sue difese, soluzioni alternative e senza l'adozione delle dovute garanzie partecipative.
Il Tar non condivide la posizione del ricorrente.
Il collegio ricorda che l'abuso realizzato su suolo di proprietà dello Stato determina l'applicazione dell'art. 35 del DPR n. 380/01, che in tale ipotesi prevede, quale unica ed esclusiva conseguenza, la demolizione a spese del responsabile: ai sensi del predetto articolo, infatti, il dirigente o il responsabile dell'ufficio, previa diffida non rinnovabile, deve ordinare al responsabile dell'abuso la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi.
La norma non contempla alcuna ipotesi alternativa alla demolizione né prevede l'irrogazione di sanzioni pecuniarie, essendo evidentemente preordinata a evitare l'indebito utilizzo del bene demaniale e a sanzionare condotte particolarmente gravi, quali quelle che riguardano la costruzione di opere abusive su suoli pubblici: ne deriva che, nei casi di edificazione "contra legem", non occorre alcun accertamento ulteriore da parte dell'Amministrazione, che è tenuta solo a verificare che trattasi di suolo di proprietà pubblica e che nessun titolo è stato rilasciato.
Pertanto, una volta accertata la realizzazione di interventi eseguiti in assenza o in totale difformità del permesso di costruire su suoli demaniali, la norma non lascia all'ente locale alcun spazio per valutazioni discrezionali, imponendogli di ordinarne la demolizione a cura del Comune e a spese del responsabile dell'abuso.
Il Tar evidenzia, quindi, come il provvedimento di ingiunzione alla rimozione del manufatto si configura per l'amministrazione come atto dovuto e vincolato, come previsto dal comma 2 dell'art. 31 T.U. Edilizia, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario dare notizia dell'avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto, né è necessaria una specifica motivazione o la comparazione dei contrapposti interessi, né bisogna tener conto del lasso di tempo intercorso.
Nel caso di specie, il Comune, dopo aver accertato che la società ricorrente non vantava alcun tiolo edilizio legittimante la costruzione della pedana, legittimamente ha predisposto la rimozione delle opere abusive realizzate sul demanio marittimo.
Alla luce di tanto, il Tar rigetta il ricorso e compensa le spese.
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