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Avvocati: le peculiarità del contratto di patrocinio

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 Inquadramento normativo: Art 82 c.p.c.; Art. 1176 c.c.; Art. 1703 c.c.; Art. 2236 c.c.

Il contratto di patrocinio: Il contratto di patrocinio si differenzia dalla procura ad litem. Quest'ultima è «un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il contratto di patrocinio, invece, è il mandato sostanziale che costituisce un negozio bilaterale con cui il legale viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte; conseguentemente, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa richiesta solo per lo svolgimento dell'attività processuale» (Cass., nn. 14276/2017; 13963/2006, richiamate da Cass. civ., n. 22048/2020).

Forma del contratto di patrocinio: Il contratto di patrocinio può essere stipulato anche in forma verbale e la prova può anche darsi per testimoni qualora detto contratto abbia ad oggetto l'espletamento di attività di consulenza o di attività stragiudiziale (Cass., nn. 2319/2016, n. 4705/2011, richiamate da Cass. civ., n. 22048/2020), oltre che in via presuntiva, attraverso idonei indizi plurimi, precisi e concordanti (Cass., n. 8850/2004, richiamata da Cass. civ., n. 22048/2020). La procura alle liti può certamente essere rivelatrice del conferimento del mandato professionale ma è solo un indice presuntivo della sussistenza tra le parti dell'autonomo rapporto di patrocinio (Cass., n. 6905/2019, richiamate da Cass. civ., n. 22048/2020), essendo «un atto geneticamente sostanziale, con rilevanza processuale [...]» (Cass., nn. 1419/2011; 21924/2006, richiamate da Cass. civ., n. 23335/2019). 

Ne consegue che qualora un avvocato postuli l'esistenza di un contratto di patrocinio, seppure stipulato verbalmente, ai fini del pagamento della sua attività prestata, non necessariamente il suo cliente è colui nel cui interesse viene eseguita la prestazione d'opera intellettuale, essendo tenuto al pagamento del compenso solo colui che, stipulando il relativo contratto, ha conferito effettivamente l'incarico al professionista (Cass. nn. 16261/2016; 19596/2004; 7309/2000; 1244/2000, richiamate da Cass. civ., n. 7037/2020). Tale principio trova applicazione anche quando il contratto di patrocinio sia stato stipulato tra due avvocati in favore di un terzo (Cass., n. 6494/1987; 24010/2004; 26060/2013, richiamate da Cass. civ., n. 7037/2020).

Obbligazione del professionista in conseguenza del contratto di patrocinio: «L'oggetto del contratto di prestazione d'opera intellettuale di patrocinio tra il cliente e il legale impegna quest'ultimo a un'obbligazione di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, è tenuto a porre in essere tutte le condizioni tecnicamente necessarie a consentire al cliente la realizzazione dello scopo perseguito, ma non a garantirgli l'effettivo conseguimento del risultato» (Corte appello Roma, sentenza n.767172018, richiamata da Tribunale Rieti, sentenza 26 settembre 2019). «Pertanto, per aversi inadempimento del professionista, rilevante ex art. 1218 c.c., non è sufficiente accertare il mancato raggiungimento del risultato utile da parte del cliente; occorre invece verificare se è a questi addebitabile la violazione colposa del coacervo di doveri ulteriori connessi allo svolgimento dell'attività professionale, sintetizzati nel più generale dovere di diligenza "qualificato" cui deve attenersi il professionista, secondo quanto previsto dall'art. 1176, comma 2, c.c., con riferimento all'art. 2236 c.c. in relazione alla natura della prestazione, e che egli è tenuto ad adempiere con le competenze del professionista di media preparazione» (Tribunale Rieti, sentenza 26 settembre 2019). 

L'invalidità de contratto di patrocinio e gli effetti sulla procura alle liti: L'invalidità del contratto di patrocinio non si riverbera necessariamente sulla procura alle liti in quanto esso non priva il difensore dello ius postulandi per la parte che si difende in un giudizio. E ciò in considerazione del fatto che la procura alle liti è un atto interamente disciplinato dalla legge processuale e come tale «è insensibile alla sorte del contratto di patrocinio, soggetto alla disciplina sostanziale relativa al mandato; la nullità del contratto di patrocinio, pertanto, non toglie al difensore lo "ius postulandi" attribuito con la procura» (Cass., nn. 13774/2004; 8388/1997, richiamate da Cass. civ., n. 23335/2019). Questo principio è corollario di quello più generale di conservazione degli effetti degli atti processuali, ex art. 156, comma 3, c.p.c.« e pertanto il vizio del negozio di patrocinio posto a fondamento dello ius postulandi non è anch'esso in grado di invalidare l'attività processuale svolta dall'avvocato a favore della parte processuale in forza di una procura alle liti non formalmente revocata, equiparabile in tal caso a una particolare ipotesi di negotiorum gestio» (Cass. Sez. Un., n 15295/2014, richiamata da Cass. civ., n. 23335/2019). In quest'ipotesi, infatti, se il contratto di patrocinio è invalido, a contraddittorio instaurato tra le parti, prevarrà l'applicazione del principio dell'ultrattività del mandato e della sopravvivenza della procura ad "litem"; un principio, questo, che trova applicazione anche in caso di morte o perdita di capacità del mandante sino ad esaurimento del grado di giudizio in cui si è determinato il venir meno del negozio di patrocinio (Cass. n. 27530/2017; Cass., Sez. Un., n. 15295/2014, richiamate da Cass. civ., n. 23335/2019). 

 

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