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Consenso informato: valido anche se orale, se vi erano stati plurimi colloqui con il paziente

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Con la sentenza n. 32124 dello scorso 10 dicembre, la III sezione civile della Corte di Cassazione, pronunciandosi in tema di consenso informato, ha ritenuto valido il consenso prestato mediante l'apposizione di una firma su un modulo successivamente compilato a mano, posto che"in relazione al consenso prestato solo oralmente, si è in presenza di un pieno e valido consenso informato qualora vi siano stati precedenti incontri tra medico e paziente con ripetuti colloqui in ordine alla patologia, all'intervento da effettuarsi e alle possibili complicazioni".

I chiarimenti operati dalla Cassazione prendono spunto dalla richiesta di risarcimento danni avanzata avverso un chirurgo dagli eredi di una donna, deceduta all'esito di un'operazione volta a rimuovere una voluminosa ernia discale calcificata dorsale.

I deducenti evidenziavano la violazione del consenso informato, posto che la loro congiunta aveva firmato un modulo che risultava essere in parte dattiloscritto, in parte con aggiunte manoscritte.

Per tali fatti, sia il Tribunale che la Corte d'Appello di Milano negavano qualsiasi ristoro connesso al consenso informato: i giudici confermavano la validità del consenso espresso, in quanto sia un mese e mezzo che qualche giorno prima dell'intervento, il chirurgo si era recato presso lo studio del cognato della vittima, primario di radiologia, ove – alla presenza di entrambi – aveva valutato con il radiologo le patologie della signora, la necessità di procedere all'intervento, i rischi connessi, le sue eventuali complicanze e le possibili infezioni. 

Ricorrendo in Cassazione, gli eredi della paziente si dolevano per aver la corte di merito erroneamente ritenuto che la defunta avesse prestato il consenso informato all'operazione, inammissibilmente desumendolo per implicito o per facta concludentia in base al modulo firmato e in ragione della circostanza che il cognato della stessa, primario di radiologia presso lo stesso ospedale, aveva assistito all'intervento.

La Cassazione non condivide le censure rilevate.

La Corte ricorda che in tema di attività medico-chirurgica il consenso informato non può mai essere presunto o tacito ma deve essere sempre espressamente fornito, dopo avere ricevuto un'adeguata informazione: esso deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell'intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, né rilevando, ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell'informazione, da adattarsi al suo livello culturale mediante un linguaggio a lui comprensibile, secondo il suo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone. 

La struttura e il medico vengono meno all'obbligo di fornire un valido ed esaustivo consenso informato non solo quando omettono del tutto di riferire al paziente della natura della cura prospettata, dei relativi rischi e delle possibilità di successo, ma anche quando ne acquisiscano il consenso con modalità improprie: è, quindi, inidoneo il consenso ottenuto mediante la sottoposizione alla sottoscrizione del paziente di un modulo del tutto generico, non essendo possibile desumere con certezza che il medesimo abbia ricevuto le informazioni del caso in modo esaustivo; in relazione al consenso prestato solo oralmente, invece, la relativa idoneità non esclusa è in termini assoluti, dovendo invero valutarsi le modalità concrete del caso, di talché si è in presenza di un pieno e valido consenso informato qualora vi siano stati precedenti incontri tra medico e paziente con ripetuti colloqui in ordine alla patologia, all'intervento da effettuarsi e alle possibili complicazioni.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini specificano come la corte di merito abbia fatto invero piena e corretta applicazione dei principi giurisprudenziali, posto che risultava provata l'esistenza di plurimi colloqui e visite che avevano preceduto l'intervento, con la continua partecipazione del cognato della vittima, sicché le aggiunte manoscritte non inficiavano il consenso prestato.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione. 

 

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