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Compensi legali: come determinare quanto dovuto per la fase istruttoria?

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Con l'ordinanza n. 21848 dello scorso 11 luglio, la VI sezione civile della Corte di Cassazione – pronunciandosi in materia di compensi legali – ha fornito importanti precisazioni su come determinare i minimi tariffari ed, in particolare, il compenso dovuto per la fase istruttoria.

La Corte ha difatti specificato che "l'espressione, contenuta alla fine dell'art. 4, comma 1 del D.M. n. 55/2014, ove si prevede una "diminuzione di regola fino al 70%" per la fase istruttoria, va interpretata, in conformità al suo chiaro tenore letterale, nel senso che la diminuzione applicabile sul valore medio può essere determinata in una percentuale non superiore al 70% del medesimo, ossia nel senso che l'importo minimo liquidabile corrisponde al 30% di tale valore medio; non già nel diverso senso che l'importo minimo liquidabile corrisponda al 70% del valore medio, ossia che la diminuzione applicabile sul valore medio non possa eccedere il 30% del medesimo". 

 Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla domanda presentata da un medico, volta ad ottenere – nei confronti del proprio datore di lavoro, un Ospedale Pediatrico – il risarcimento del danno patito per un demansionamento già accertato in altro giudizio.

La Corte d'Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta, condannava l'ospedale pediatrico al pagamento della complessiva somma di Euro 12.231,00 ed a rifondere al ricorrente le spese del doppio grado di giudizio, liquidate in Euro 2000,00 per il primo grado e in Euro 3000,00 per l'appello.

Il medico proponeva ricorso in Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 13 del D.P.R. n. 115/2002, lamentandosi per aver il Tribunale violato le tabelle allegate al D.M. n. 55 del 2014 perché non si era attenuto ai valori medi né a quelli minimi, senza fornire alcuna motivazione a sostegno della scelta operata.

La Cassazione non condivide le censure sollevate dal ricorrente.

 In relazione alla determinazione dei minimi tariffari, la Corte ricorda che l'espressione, contenuta alla fine dell'art. 4, comma 1 del D.M. n. 55/2014, ove si prevede una "diminuzione di regola fino al 70%" per la fase istruttoria, va interpretata, in conformità al suo chiaro tenore letterale, nel senso che la diminuzione applicabile sul valore medio può essere determinata in una percentuale non superiore al 70% del medesimo, ossia nel senso che l'importo minimo liquidabile corrisponde al 30% di tale valore medio; non già nel diverso senso che l'importo minimo liquidabile corrisponda al 70% del valore medio, ossia che la diminuzione applicabile sul valore medio non possa eccedere il 30% del medesimo.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione rileva come la liquidazione operata dalla Corte d'Appello non viola i minimi tariffari quanto al giudizio d'appello perché il richiamato D.M. prevede, per le controversie di lavoro innanzi alla Corte d'Appello e con valore compreso fra Euro 5.200,01 ed Euro 26.000,00, un importo medio di Euro 5.532,00 e l'importo minimo di Euro 2.415,00.

Alla luce di tanto, la Cassazione rigetta il motivo di ricorso.

 

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