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Con la sentenza n. 24167 dello scorso 27 settembre, la Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla domanda di una struttura sanitaria che pretendeva di esser manlevata dal medico che aveva effettuato l'intervento imperitamente eseguito, ha precisato, in relazione al riparto dell'onere probatorio, che se la struttura sanitaria, a fronte di una responsabilità solidale, agisce in regresso nei confronti del medico, affinché nei loro rapporti interni si accerti l'esclusiva responsabilità di tale soggetto nella causazione del danno, è su di essa che grava l'onere di dimostrare tale esclusiva responsabilità.
Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio da una richiesta di risarcimento danni avanzata da una donna contro una struttura ospedaliera ove era stata operata per l'inserimento di una protesi all'anca. Di fronte alle richieste della signora, che deduceva la non corretta esecuzione dell'intervento chirurgico, la struttura ospedaliere chiamava in causa il sanitario che materialmente aveva eseguito l'intervento, chiedendo che – previo accertamento dell'esclusiva responsabilità del camice bianco nella causazione dei danni alla paziente – fosse totalmente manlevata.
Il Tribunale di Forlì accoglieva la domanda dell'attrice, dichiarava la responsabilità in solido della casa di cura e del medico e li condannava a risarcire i danni alla paziente nella misura di euro 122.000,00 circa.
La casa di cura proponeva appello, rimarcando come il danno alla paziente fosse riconducibile esclusivamente alla imperizia con la quale il sanitario aveva eseguito l'intervento chirurgico; alla luce di tanto chiedeva la condanna del sanitario al rimborso di quanto pagato alla paziente in esecuzione della sentenza di primo grado.
La Corte d'Appello di Bologna accoglieva l'impugnazione e – ritenuto accertato che il danno fosse riconducibile unicamente alla condotta colposa di un altro obbligato, ovvero il medico chirurgo – condannava quest'ultimo a pagare alla struttura ospedaliera l'importo di euro 73.409,65.
Avverso la sentenza proponeva ricorso per Cassazione il sanitario, evidenziando come la Corte di Appello avesse violato la regola sulla distribuzione degli oneri probatori, avendo posto in capo al medico l'onere di provare in cosa consisteva la corresponsabilità della clinica.
La Cassazione ritiene che il motivo sia fondato.
Gli Ermellini colgono l'occasione per specificare quale sia il riparto dell'onere probatorio nel caso in cui la struttura sanitaria – convenuta in giudizio dal paziente che sia sottoposto ad un intervento chirurgico all'interno della struttura stessa – sostenga che l'esclusiva responsabilità dell'accaduto non sia imputabile a sue mancanze tecnico-organizzative ma esclusivamente alla imperizia del chirurgo che ha eseguito l'operazione e, a tal fine, agendo in garanzia impropria, chieda di essere tenuta indenne di quanto eventualmente condannata a pagare nei confronti della danneggiata, ed in regresso nei confronti del chirurgo.
In tal caso, infatti, la domanda della struttura sanitaria è diretta ad accertare, nei rapporti interni tra clinica e medico, chi abbia l'esclusiva responsabilità nella causazione del danno; ne deriva che l'onere di provare l'esclusiva responsabilità dell'altro soggetto grava sul soggetto che agisce in regresso a fronte di una responsabilità solidale; non rientra, invece, nell'onere probatorio del chiamato l'onere di individuare precise cause di responsabilità della clinica in virtù delle quali l'azione di regresso non potesse essere, in tutto o in parte, accolta.
Con specifico riferimento al caso di specie, a fronte dell'azione di regresso avanzata dalla clinica nei confronti del medico chirurgo, la Corte d'appello aveva posto in capo al sanitario l'onere di provare in cosa consisteva la corresponsabilità della clinica, in tal modo violando il predetto principio in materia di onere della prova.
In conclusione la Corte accoglie il motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Bologna in diversa composizione.
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