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Fonte: www.consiglionazionaleforense.it/
Con sentenza n.45 del 27 marzo 2023 il Consiglio Nazionale Forense ha affermato la gravità dell'illecito disciplinare (oltreché penale) del comportamento dell'avvocato che, nella sua qualità di amministratore di sostegno del beneficiario, induca quest'ultimo a compiere un atto implicante effetti giuridici dannosi per lui e per i suoi eredi, in quanto tale comportamento costituisce l'esatta negazione dei principi generali che devono ispirare il comportamento dell'avvocato nei confronti della legge e della collettività.
Analizziamo la vicenda che ha dato luogo alla pronuncia.
I fatti del procedimento disciplinare
Il CDD ha applicato la sanzione della sospensione per un anno dall'esercizio della professione nei confronti di un avvocato, condannato già in sede penale, in quanto abusando della sua qualità di amministratore di sostegno di un soggetto anziano che versava in uno stato di minorazione fisica e psichica, perché affetto da serie patologie,
L'avvocato ha impugnato la decisione lamentando che il CDD, inquadrando la fattispecie nell'ambito dell'art.63 del codice deontologico e dei principi generali, avrebbe irrogato una sanzione eccessiva e non prevista dal suddetto art. 63.
La decisione del Consiglio Nazionale Forense
Al riguardo il Consiglio Nazionale Forense ha rilevato che il CDD, considerando la fattispecie de quo un illecito atipico, in quanto non previsto dal codice deontologico, l'ha inquadrata nella violazione
Il CDD, quindi, non si è limitato al quadro edittale previsto dall'art. 63, dal momento che trovandosi in relazione a una condotta non tipizzata nel codice deontologico, ha, in ogni caso, contestato quella dei principi generali, tra i quali è stata contemplata espressamente la violazione dell'art. 4, che al 2° c., a norma del quale "L'avvocato, cui sia imputabile un comportamento non colposo che abbia violato la legge penale, è sottoposto a procedimento disciplinare, salva in questa sede ogni autonoma valutazione sul fatto commesso."
Peraltro, il Consiglio ha evidenziato che le norme del codice deontologico devono essere caratterizzate dall'osservanza del principio della tipizzazione "per quanto possibile", nel senso che la tipizzazione non è assoluta, ma relativa.
Per questo, nel determinare la sanzione applicabile al caso di specie, il CDD ha fatto riferimento a principi coerenti rispetto a quelli affermati dalla giurisprudenza disciplinare, secondo la quale
Per questi motivi, il Consiglio, ritenendo corretta la valutazione operata dal CDD, ha rigettato il ricorso.
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Il mio nome è Anna Sblendorio. Sono una persona curiosa e creativa e mi piace il contatto con la gente. Amo dipingere, ascoltare musica, andare a teatro, viaggiare e passare del tempo con la mia famiglia ed i miei amici. Nel 2008 mi sono laureata in giurisprudenza presso l'Università degli studi di Bari "Aldo Moro" e successivamente ho conseguito l'abilitazione per l'esercizio della professione da avvocato. Nel corso degli anni ho collaborato con diversi centri di formazione occupandomi di tutoraggio in materie giuridiche e nel 2022 ho iniziato a collaborare con la testata giuridica online www.retidigiustizia.it.