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Avvocato e amministratore di sostegno. Facoltà e limitazioni

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Quando l'amministratore di sostegno sia anche abilitato all'esercizio della professione forense può incorrere in limiti o in conflitti di interesse? In particolare sono stati sollevati dei dubbi in relazione

  1. alla sussistenza di un conflitto di interessi per l'avvocato che, dopo aver svolto l'incarico di amministratore di sostegno a favore dell'amministrato poi defunto, assuma la difesa di uno dei suoi figli nella controversia ereditaria che questi intenda avviare nei confronti dei fratelli;
  2. alla possibilità che l'amministratore di sostegno avvocato possa chiedere il pagamento del compenso per l'attività di difesa in giudizio.

La prima delle suddette questioni è stata sottoposta all'attenzione del Consiglio Nazionale Forense, mentre la seconda è stata esaminata dalla Corte di Cassazione.

Vediamo l'analisi condotta da queste autorità.

Fonti: https://www.consiglionazionaleforense.it/ ; www.ilcaso.it/

Il Parere del Consiglio Nazionale Forense

In merito alla prima questione, con parere n.10 del 24 marzo 2023 il Consiglio Nazionale Forense si è espresso nel senso della sussistenza di un conflitto di interesse. Infatti il Consiglio ha innanzitutto ricordato che a norma dell'art.24 codice deontologico, "L'avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita e del cliente o interferire con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale" (comma 1). 

 Lo stesso art.24 al comma 3 specifica i casi in cui può sorgere il conflitto di interessi, ossia nei casi in cui:

  • "il nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altra parte assistita o cliente",
  • "la conoscenza degli affari di una parte possa favorire ingiustamente un'altra parte assistita o cliente",
  • "l'adempimento di un precedente mandato limiti l'indipendenza dell'avvocato nello svolgimento del nuovo incarico".

Peraltro secondo la costante giurisprudenza domestica e di legittimità il canone deontologico posto dall'art.24 mira ad evitare situazioni che possano far dubitare della correttezza dell'operato dell'avvocato, tutelando la condizione astratta di imparzialità e di indipendenza dell'avvocato. Ne consegue che perché si verifichi l'illecito di cui all'art.24 cit. è sufficiente che anche solo potenzialmente l'opera del professionista sia suscettibile di essere condizionata da rapporti di interesse con la controparte (CNF sentenza n.186 del 24 novembre 2017, ndr). Il divieto di prestare attività professionale in conflitto di interessi anche solo potenziale, infatti, risponde all'esigenza di garantire non solo al bene giuridico dell'indipendenza effettiva e dell'autonomia dell'avvocato, ma anche la dignità dell'esercizio professionale e l'affidamento della collettività sulla capacità degli avvocati di fare fronte ai doveri che l'alta funzione esercitata impone, quindi a tutela dell'immagine complessiva della categoria forense (così CNF, sent. n.174/2022).

Ebbene, nel caso proposto nel quesito il Consiglio ha rilevato la sussistenza di alcuni dei profili del conflitto di interessi di cui all'art.24, comma 3, in quanto è ben possibile che, nel corso dell'incarico come amministratore di sostegno, l'avvocato sia venuto in possesso di informazioni relative ad affari anche delle controparti che possano limitare la sua indipendenza nell'esercizio del mandato.

 Richiesta di pagamento del compenso

La seconda questione riguarda la possibilità per l'amministratore di sostegno abilitato all'esercizio della professione forense di richiedere il pagamento del compenso per l'attività giudiziale svolta in rappresentanza del beneficiario.

A questo riguardo la Corte di Cassazione ha ricordato che quando l'amministratore di sostegno sia anche avvocato ben può costituirsi in giudizio a difesa dell'amministrato, come consentitogli dall'art. 86 c.p.c. Tuttavia in tal caso l'avvocato non provvede in virtù dell'instaurazione di un rapporto contrattuale professionale, bensì esercitando le funzioni di amministratore di sostegno. In altri termini il succitato art.86 consente al rappresentante legale che sia anche avvocato di difendersi in giudizio personalmente; ma in tal caso non sussiste il conferimento di mandato professionale tra il rappresentato e l'avvocato, il quale agisce semplicemente in qualità di amministratore di sostegno, che difende se stesso ex art 86 c.p.c.

Ne discende che in questo caso l'avvocato non può agire in giudizio per ottenere il pagamento del compenso professionale, ma può solo rivolgersi al giudice tutelare per ottenere un'equa indennità per l'opera prestata nella detta qualità, in base al combinato disposto dell'art.411 c.c. (che detta le norme compatibili con l'amministrazione di sostegno) e l'art. 379 c.c. a norma del quale "L'ufficio tutelare è gratuito." (comma 1). "Il giudice tutelare tuttavia, considerando l'entità del patrimonio e le difficoltà dell'amministrazione, può assegnare al tutore un'equa indennità" (comma 2) (Corte di Cassazione, Sez. 2 -  Ordinanza n. 6197 del 05/03/2021).

 

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