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Cinema Forense - Yvonne la nuit

Cinema Forense - Yvonne la nuit

 Ambientato in un arco temporale che va dal periodo immediatamente precedente alla Prima guerra mondiale a un periodo che possiamo collocare negli anni Trenta, con un vuoto narrativo per gli anni Venti. Tra il 1895 (annoin cui terminò la crisi economica seguita alla conclusione della guerra franco-prussiana, a sua volta terminata nel 1871) e il 28 giugno del 1914 (giorno dell'attentato a Sarajevo, a cui seguì lo scoppio della prima guerra mondiale) l'Europa visse un periodo di pace passato alla storia come La belle epoque (possiamo tradurla liberamente come "la dolce vita"), di cui assaporò soprattutto l'aristocrazia, mentre il popolo conobbe le prime grandi ondate migratorie verso l'America, la colonizzazione verso l'Africa o l'Asia e le rivolte causate dalla miseria. L'atmosfera di questo periodo è ben presente nelle prime scene di questo film, che presenta una prima particolarità: il personaggio principale è una donna. All'epoca vi erano già attrici che si erano imposte come protagoniste, una per tutte Anna Magnani, ma si trattava di casi eccezionali perché i ruoli principali nei film erano appannaggio di attori. Qui vediamo l'attrice Olga Villi, purtroppo dimenticata, nel ruolo di una cantante e ballerina; oggi la si potrebbe definire con l'inglese showgirl o con il francese soubrette, ma nel periodo storico che abbiamo richiamato non esisteva la televisione e lo stesso teatro di rivista sorse alla fine degli anni trenta. Esisteva, piuttosto, il café-chantant (o café-concert, importato in Italia dalla Francia), con la figura della sciantosa (dalfrancese chanteuse, ovvero cantante, antenata della soubrette) e Yvonne la nuit era per l'appunto una sciantosa. I personaggi maschili, tutti in funzione di spalla della protagonista, sono quattro: un comico (interpretato da Totò, che compare dall'inizio alla fine del film), un ufficiale dell'esercito, il padre di quest'ufficiale (un aristocratico) e un avvocato. L'avvocato è interpretato da Eduardo De Filippo, colonna del teatro italiano nel secolo scorso. Prolifico come autore, regista e attore in teatro, recitò e/o diresse un buon numero di film, in alcuni dei quali – come questo che stiamo recensendo – partecipò solo come attore. L'avvocato compare soltanto in tre scene, alla fine del film, per cui tutta la storia prima della sua comparsa in scena la possiamo considerare un prologo; tra l'altro, egli si qualifica solo nella seconda di queste scene, girata in una trattoria romana che ricorda molto quella nella quale si incontravano i tre amici di C'eravamo tanto amati. Nelle prime due scene, pertanto, la figura dell'avvocato appare misteriosa, tanto che nello spettatore sorge la curiosità di comprendere il motivo della sua presenza nel contesto della trama, curiosità che viene soddisfatta nella scena successiva, ambientata nello studio dell'avvocato, che possiamo considerare la scena finale, anche se, in senso stretto, il finale è quello girato all'uscita del palazzo che ospita lo studio legale. A questo punto sorge spontanea una domanda: perché un film del genere, nel quale il personaggio dell'avvocato compare soltanto in tre scene, una sola delle qualisignificativa, può essere classificato come film forense? La risposta sta nell'introduzione a questa pubblicazione: ai fini della classificazione di un film come forense ciò che conta è se il personaggio dell'avvocato, presente nel film non importa con quale intensità/visibilità, offra o meno spunti di riflessione sulla professione di avvocato. Sotto questo profilo, possiamo considerare Yvonne la nuit come la Stele di Rosetta del cinema forense, perché ci consente di catalogare le opere cinematografiche dal punto di vista forense. Il personaggio dell'avvocato, infatti, è stato incaricato di eseguire un mandato estremamente delicato e lo spunto di riflessione che a noi avvocati offre la scena nella quale egli lo illustra a Yvonne la nuit lo sintetizziamo nella seguente domanda: al posto suo come mi sarei comportato?

 Arricchiamo questa recensione citando un classico della canzone napoletana: Uocchie c'arraggiunate (Occhi che ragionate [nel senso che parlano da soli]). Apparentemente non c'entra nulla con Yvonne la nuit: non ne costituisce la colonna sonora e nemmeno viene citata nel film. In realtà vi è qualche legame, seppur flebile. Prima di tutto l'anno in cui venne composta: il 1904, in piena Belle epoque. La canzone è il racconto di un colpo di fulmine: a Napoli un giovane, seduto fuori a un caffè (al tempo non esistevano i bar), vede passare una ragazza, innamorandosene. È una canzone autobiografica, perché è ciò che accadde all'autore del testo, Alfredo Falcone Fieni, che poi sposò la sua Concetta, con la quale generò cinque figli. Per la verità, questa non è una storia da …e vissero tutti felici e contenti, perché Alfredo Falcone Fieni morì suicida, mentre il musicista Rodolfo Falvo, autore della melodia di quella canzone e di altri successi come Dicitencello vuje, anni dopo morì di crepacuore a causa del suo licenziamento. Alfredo Falcone Fieni era un avvocato, come quello interpretato da Eduardo De Filippo, il quale, come ricordano i suoi biografi, amò talmente tanto quella canzone da ispirarsene per la sua commedia Gennariniello (1932).

 Alfredo Falcone Fieni era un avvocato, come quello interpretato da Eduardo De Filippo, il quale, come ricordano i suoi biografi, amò talmente tanto quella canzone da ispirarsene per la sua commedia Gennariniello (1932).

 

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