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Iniziamo con questo film che costituisce il prototipo del cinema forense. Il film è tratto dal romanzo To kill a mockingbird (letteralmente: Uccidere un usignolo, 1960) ed è ambientato in Alabama, lo stato natale di Harper Lee (l'autrice del romanzo, la quale, tra l'altro, aveva studiato legge a Oxford), uno degli stati più poveri della confederazione americana (anche se la situazione è migliorata negli ultimi anni), tradizionalmente trascurato da Hollywood (ricordo due soli film ambientati in Alabama, Forrest Gump e Mio cugino Vincenzo). È la storia di un processo per violenza sessuale nel quale l'imputato è un afroamericano. All'epoca del film, vigente il "segregazionismo", non si usava la definizione, politicamente corretta, di afroamericano, ma quella di nero (black) o quella dispregiativa di negro (nigger); in ogni caso, una buona parte degli abitanti dell'Alabama discendono da africani. L'imputato è difeso dall'avvocato Atticus Finch, interpretato da Gregory Peck. Attore di fondamentale importanza nel cinema forense (come abbiamo ricordato), per la sua interpretazione in questo film nel 1963 ricevette il Premio Oscar come miglior attore protagonista, consegnatogli da Sophia Loren.
Il filosofo Ermanno Bencivenga ha citato il personaggio di Atticus Finch nel suo saggio Il bene e il bello (Il Saggiatore, 2015) come "il più bel personaggio della storia del cinema" e simbolo del bene, laddove "il bene è un uomo giusto, che lotta serenamente contro i pregiudizi". Lo stesso Gregory Peck, quando un giornalista gli chiese: "Nella sua carriera in quale ruolo si è maggiormente identificato?", rispose: "Sono tanti. Nell'ordine Atticus Finch, Atticus Finch, Atticus Finch e ancora Atticus Finch".
L'avvocato Atticus Finch è vedovo ed ha due figli minori, un bambino e una bambina. Quest'ultima si chiama Scout ed ha un ruolo importante perché questo film è stato girato con la tecnica dell'io narrante: la vicenda è narrata e descritta da uno dei personaggi, che sia o meno il protagonista, basta comunque che partecipi alle azioni. Una tecnica narrativa tutt'altro che frequente, sia nella letteratura che nel cinema. Nella letteratura la utilizzarono Arthur Conan Doyle con il personaggio del dottor Watson e Umberto Eco con Adso da Melk (rispettivamente nel ciclo di Sherlock Holmes e ne "Il nome della rosa"), nel cinema ricordo Il ciclone di Pieraccioni e qualcosa di simile ne Il favoloso mondo di Amélie. Nel film per la tv Odissea (Italia, Francia, Jugoslavia e Germania Ovest, 1968), ogni puntata era precedutadaun'introduzionenellaqualeilpoeta Giuseppe Ungaretti (che certo non era un personaggio del film) leggeva alcuni versi del poema. Scout racconta la storia non da bambina ma da adulta, quindi il suo è un "racconto della memoria" di una storia che aveva segnato la sua adolescenza. Mary Badham, che interpretò Scout, per la sua interpretazione ricevette una nomination al Premio Oscar; malgrado ciò, non ebbe un futuro nel cinema, a differenza di suo fratello John, futuro regista de La febbre del sabato sera e Wargames e, soprattutto, di uno dei personaggi minori di questo film, interpretato dall'esordiente Robert Duvall, che citeremo in seguito.
Il primo elemento di riflessione che questo film offre agli avvocati si può riassumere in una parola: idealismo, di cui l'avvocato Finch gronda. Quanti giovani si sono immatricolati a Giurisprudenza spinti dall'idealismo (magari per aver letto Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria) e quanti, invece, attratti dall'illusione dell'arricchimento facile (magari per aver visto un film nel quale l'avvocato vive nel lusso) o, più prosaicamente, perché con la laurea in Giurisprudenza "si aprono molte strade"? Quelli che lo hanno fatto per idealismo hanno trovato appagante la professione? Ricordano una causa che ha sollecitato il loro idealismo?
Altro spunto di riflessione è la difficoltà del processo, anche per il contesto sociale. A tal proposito, citiamo un pensiero dell'avvocato Finch: "Avere coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda. É raro vincere, in questi casi, ma qualche volta succede."
La sentenza costituisce, a sua volta, un ulteriore spunto di riflessione, sia rispetto all'andamento del processo sia, più in generale, sul concetto di giustizia.
Ma è soprattutto la frase finale, pronunciata da Scout, che costituisce una grande lezione di deontologia e, più in generale, di vita: "Non capirai mai una persona se non ti metti dal suo punto di vista".
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