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Cinema Forense - A civil action

Cinema Forense - A civil action

  È un film basato sulla vera storia di Jan Schlichtmann, un avvocato del Massachusetts. Questo film presenta alcuni punti in comune con Erin Brockovich: anche in questo caso il protagonista è un avvocato civilista di provincia, titolare di un piccolo studio specializzato in cause di risarcimento danni, alle prese con un caso di danni (decessi e lesioni personali) provocati dall'in- quinamento ambientale, a sua volta causato da industrie. Come in Erin Brockovich anche qui la storia è realmente accaduta, con la differenza che qui siamo sulla costa atlantica degli Stati Uniti mentre Erin Brockovich era ambientato in California, dunque sulla costa pacifica; inoltre, in questo film la causa viene intentata contro due aziende (una chimica e l'altra una conceria), mentre in Erin Brockovich l'azienda si occupa di distribuzione dell'acqua. Questo film ci offre diversi spunti di riflessione, tutti interessanti. Per esempio in una scena vedremo il patto di quota lite tra avvocato e clienti: inuna seduta (riunione o, meglio, assemblea) con i suoi futuri clienti, l'avvocato spiega che il suo studio anticiperà tutte le spese del processo, soprattutto quelle dei consulenti tecnici (particolarmente onerose), in cambio di una percentuale sul risarcimento.

 Con questo sistema, consentito negli Stati Uniti ma vietato in Italia, l'avvocato condivide con i suoi assistiti il rischio della causa, trasformandosi da patrocinatore (cioè terzo che offre assistenza tecnica ai clienti) in cliente egli stesso,  seppur in senso lato e sebbene l'impegno economico ricada soprattutto su di lui e il suo studio. Dunque non più professionista (con la responsabilità civile tipica dei professionisti) ma imprenditore, con un rischio d'impresa (impresa non nel senso di azienda ma nel senso di operazione economica ai limiti dell'avventura). Altra scena sulla quale riflettere è quella dell'inizio del processo, nella quale l'avvocato di una delle due società convenute eccepisce l'art. 11, che equivale alla nostra lite temeraria. Lo stesso avvocato, rivolgendosi al suo collega che difende l'altra società convenuta (interpretato da Robert Duvall), in una scena dice:" Siamo coimputati in un processo civile". Per noi italiani questa frase è praticamente un ossimoro, perché si può essere coimputati in un processo penale ma non in un processo civile. È evidente che la battuta doveva essere tradotta con "Siamo gli avvocati di due società entrambe convenute in processo civile" o con il più raffinato "Siamo litisconsorti passivi", ma sarebbe troppo semplice prendersela con coloro i quali traducono per il pubblico italiano i film americani, forensi e non (peraltro questi traduttori non sono mai all'altezza del loro compito, con esiti imbarazzanti proprio nei film forensi). Piuttosto dobbiamo interpretare questa battuta in un altro senso: per noi italiani, la distinzione tra processo penale e processo civile è nettissima, per gli americani no, soprattutto quando l'oggetto sono i risarcimenti per danni.

 In altre parole, noi italiani siamo abituati a pensare al risarcimento danni come un settore di esclusiva competenza dei civilisti, gli americani no. Tra l'altro, nei titoli di coda si citerà l'EPA (Environmental Protection Agency), l'omologo americano del nostro Ministero dell'Ambiente, che dispone di un suo corpo di avvocati, a loro volta omologhi dei nostri avvocati dello Stato, a dimostrazione che la legittimazione ad agire in giudizio per il risarcimento del danno ambientale negli Stati Uniti è riconosciuta anche al governo federale (inItalia soprattutto al governo, a seguito dell'emanazione del Codice dell'ambiente).

Abbiamo citato Robert Duvall, il quale nel film interpreta il ruolo di un illustre docente universitario di diritto penale, che esercita anche la professione di avvocato, nel caso specifico difensore di una delle due società convenute (o imputate, per riprendere quanto sopra). Duvall ha interpretato il ruolo dell'avvocato anche ne Il Padrino ed è stato un protagonista delcinema forense interpretando il ruolo di Tom ne Il buio oltre la siepe e quello del giudice (padre dell'avvocato) in The Judge. In questo film, basato sul classico schema protagonista vs. antagonista, Duvall si cala nel ruolo dell'avvocato-docente, un genio (del male, potrebbe aggiungere qualcuno) che ci costringe a interrogarci sul concetto di giustizia visto da un avvocato: la giustizia trionfa con l'accertamento della verità o con il riconoscimento delle ragioni del proprio cliente? Una seconda domanda potrebbe essere: ritenete che in Italia vi sia un docente di diritto penale, che esercita anche la professione di avvocato, paragonabile a quello interpretato da Duvall?

Da ultimo, trattiamo il ruolo del protagonista, interpretato da John Travolta, sorprendente e forse spiazzante per chi se lo ricordava in film come La febbre del sabato sera, Grease e Senti chi parla, visto che in questo film dimostra una versatilità anche in un ruolo drammatico. All'inizio questo avvocato ci risulterà antipatico, per spregiudicatezza, cinismo e ostentazione del lusso (pensiamo alla sua automobile). Alla fine del film, emergerà l'idealismo dell'avvocato, tra l'altro da allora diventato un punto di riferimento per tutti gli avvocati americani che si occupano di danni ambientali, soprattutto nella forma del risarcimento collettivo (class action). Al film attribuisco, pertanto, anche un valore metaforense (nel senso che va oltre l'ambito della professione d'avvocato) e quasi spirituale: l'avvocato che si redime, una parabola classica nel cinema forense. Questo è, per l'appunto, l'ultimo spunto di riflessioneche ci offre questo film: noi avvocati, l'unica categoria di liberi professionisti che l'opinione pubblica guarda con sospetto quando non con disprezzo, a causa della nostra reputazione dobbiamo redimerci?

 

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