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Ciclista e caduta causata dalla presenza di un tombino: se è esperto, no al risarcimento danni

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 Il Tribunale di La Spezia, con sentenza del 7 dicembre 2018, si è occupato dell'annosa questione della responsabilità del Comune in caso di caduta dell'utente (nella specie, un ciclista), causata dalla presenza di un tombino sulla strada. L'autorità giudiziaria, nella questione sottoposta alla sua attenzione, ha affermato che la responsabilità dell'amministrazione comunale è esclusa, quando in presenza di determinate condizioni, il ciclista che cade a causa di un tombino è un ciclista esperto.

Ma vediamo perché.

L'attrice è una ciclista esperta e, a seguito di un evento dannoso in cui la stessa è rimasta coinvolta, ha convenuto in giudizio il proprietario del tombino e il Comune, custode del manto stradale su cui insiste detto tombino. In buona sostanza, l'attrice ha lamentato che:

  • mentre percorreva la strada dove è ubicato il tombino, a causa di un avvallamento nell'asfalto, formatosi in adiacenza dello stesso tombino, è caduta rovinosamente a terra;
  • in conseguenza della caduta, ha riportato lesioni per le quali ha sostenuto ingenti spese per il ripristino dei danni subiti, residuando un danno biologico nella misura del 7%;
  • i danni subiti per danno biologico, invalidità temporanea, spese mediche e mancato guadagno ammontano a complessivi Euro 35.506,03.

In forza di quanto sopra, pertanto, l'attrice ha chiesto al Tribunale adito che fosse accertata la responsabilità ex art. 2051 c.c. sia dell'ente comunale e sia del proprietario del tombino, con condanna di questi ultimi, in solido, al pagamento di tutti i danni subiti.

Vediamo la decisione del Tribunale di La Spezia. 

Innanzitutto, quest'ultimo afferma che quando si fa riferimento a danni provocati da cose in custodia, bisogna fare una distinzione tra cose custodite e dotate di una certa dinamicità e cose custodite e caratterizzate da una certa staticità. Orbene, nel primo caso, la responsabilità del custode è pacifica se egli non adotta tutte le misure preventive per evitare l'evento dannoso (si pensi allo scoppio di una caldaia e all'omessa manutenzione ordinaria da parte di chi ne ha la custodia). Nel secondo caso, invece, la cosa statica, perché possa causare un danno, richiede che l'intervento dell'uomo e, in particolare, del danneggiato si unisca al modo di essere della cosa stessa. In questi casi, perché sussista la responsabilità del custode, è necessario provare che lo stato dei luoghi presenti peculiarità tali da renderne potenzialmente dannosa la normale utilizzazione (in questi termini Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6306 del 13/03/2013). Fatta questa breve premessa, tornando alla questione sottoposta all'esame del Tribunale di La Spezia, la fattispecie rientra proprio nell'ambito del secondo tipo di esempio, ossia nell'ambito del caso di evento dannoso occorso in presenza di cosa custodita e dotata di una certa staticità. Infatti, il tombino, unitamente al manto stradale su cui insiste, non è idoneo a sprigionare un'energia o una dinamica interna alla sua struttura. Con l'ovvia conseguenza che affinché possa configurarsi una responsabilità del custode (Comune e ente proprietario), bisogna tener conto anche della condotta posta in essere dal danneggiato, nella specie, dalla ciclista. Infatti, secondo l'orientamento giurisprudenziale condiviso dall'autorità giudiziaria nel caso di specie, "l'ente proprietario d'una strada aperta al pubblico transito risponde ai sensi dell'art. 2051 c.c., per difetto di manutenzione, dei sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo che si accerti la concreta possibilità per l'utente danneggiato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la situazione di pericolo.  

Nel compiere tale ultima valutazione, si dovrà tener conto che quanto più questo è suscettibile di essere previsto e superato attraverso l'adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più il comportamento della vittima incide nel dinamismo causale del danno, sino ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta attribuibile all'ente e l'evento dannoso" (Cass., sez. 3, sent. n. 23919 del 22/10/2013).

Orbene, a parere del Giudice, nella fattispecie in esame:

  • non è stato provato il nesso causale tra la cosa in custodia (tombino, ovvero manto stradale, di per sé privi di intrinseca pericolosità) ed il danno,
  • non è stata raggiunta una prova sufficientemente certa della dinamica del sinistro.

E tanto basta, ad avviso del Tribunale, per escludere la responsabilità degli enti convenuti in giudizio dall'attrice-ciclista. Secondo il Giudice, tra l'altro, nella questione sottoposta alla sua attenzione, in applicazione del principio giurisprudenziale appena citato e dall'esame i) dello stato dei luoghi emerso dalle foto prodotte in giudizio, ii) delle condizioni di luce (ore 13 di un giorno di estate) e iii) della mancata presenza di ostacoli che impedivano la visuale, la ciclista avrebbe potuto benissimo evitare il pericolo. E ciò a maggior ragione ove si consideri che la stessa è una ciclista esperta. Infatti, la sua esperienza, unitamente alle predette condizioni, avrebbe dovuto indurre l'attrice a adottare un comportamento di cautela tale da consentirle di percepire il rischio e di evitarlo con l'ordinaria diligenza. Tale circostanza (ossia che l'evento dannoso occorso alla stessa poteva essere tranquillamente evitato) trova conferma nel fatto che il compagno che pedalava davanti a lei non è caduto ed ha superato diligentemente l'ostacolo. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Tribunale, ritenendo infondate le richieste della ciclista, le ha rigettate. 

 

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