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In vista dell'entrata in vigore al 1° gennaio 2024 della riforma sulla previdenza forense, deliberata da Cassa forense, ma non ancora approvata dai Ministeri vigilanti, l'Ente previdenziale in questione ha chiesto al Ministero, con nota n. 279205/P del 7.11.2022, di poter prorogare, anche per l'anno 2023, l'esonero dal pagamento del contributo integrativo minimo a carico degli iscritti, fermo restando il pagamento del contributo integrativo nella misura del 4% sull'effettivo volume d'affari IVA dichiarato. E ciò in considerazione del fatto che, secondo quanto precisato nella predetta nota, l'annunciata riforma previdenziale prevedrebbe interventi strutturali per il passaggio ad un sistema contributivo per le anzianità, che "incideranno in modo consistente sugli equilibri finanziari di lungo periodo, senza penalizzare l'adeguatezza delle prestazioni da erogare alle future generazioni di iscritti e disciplinando in maniera più adeguata ed equa la materia contributiva".
Il Ministero dell'economia non condivide.
Vediamo le motivazioni.
A suo avviso, il provvedimento in questione sarebbe poco prudente e inopportuno. Infatti, ove "la riforma non dovesse entrare in vigore nei tempi auspicati, reiterando la medesima logica alla base del provvedimento in esame, si renderebbe necessaria una nuova delibera di sospensione del pagamento del contributo integrativo minimo, con ulteriore evidente peggioramento dell'equilibrio gestionale del relativo anno".
Secondo il Ministero, inoltre, la proroga dell'esonero non comporterebbe alcun beneficio di notevole peso all'anno, in quanto, in base alla normativa vigente, i medesimi soggetti che si usufruirebbero di tale esonero sarebbero tenuti al pagamento del contributo integrativo minimo in misura intera o al più dimezzata.
Per avere contezza dell'impatto finanziario di detto provvedimento, tenendo conto che circa un terzo degli iscritti dichiara un fatturato inferiore a 17.750 euro, occorrerebbe l'analisi di ulteriori dati dei profili di questo tipo di professionisti, i quali probabilmente esercitano altre professioni per le quali è richiesta l'iscrizione a un albo oppure sono anche lavoratori dipendenti.
Inoltre, a parere del Ministero, anche se l''estensione dell'esonero dei contributi minimi per l'anno 2023 non avesse un impatto finanziario di grande rilevo e la stima della "contrazione degli accantonamenti patrimoniali" non minasse la stabilità di Cassa Forense, nel regime della ripartizione, questa avrebbe comunque effetti negativi e peggiorativi nei confronti della gestione di più breve periodo, atteso che comunque la contestuale spesa pensionistica resterebbe invariata. D'altro canto, il Ministero fa rilevare che l'attuale situazione risente del perdurare delle conseguenze derivanti dalla pandemia da Covid-19, dell'attuale dinamica delle principali variabili economiche (prima fra tutte l'inflazione), nonché del rischio di mancato conseguimento dei rendimenti patrimoniali, a seguito della crescente volatilità dei mercati finanziari connessa alla situazione straordinaria causata anche dalla guerra in Ucraina.
Questi fattori:
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il Ministero ha evidenziato che l'adozione del provvedimento di esonero del contributo minimo integrativo anche per l'anno 2023 determinerebbe effetti negativi sui saldi di finanza pubblica in termini di minori entrate contributive, considerato che gli enti nazionali di previdenza e assistenza, ancorché organizzati e operanti in regime di diritto privato, sono ricompresi nell'elenco delle Amministrazioni pubbliche (lista S13) definito dall'ISTAT.
Ne consegue che con la rata del 30 settembre 2023, anche tale contributo, dovrà essere corrisposto nella misura rivalutata di € 770,00.
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