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Con la sentenza n. 1554/2021, il Tar Campania, sezione distaccata di Salerno, ha confermato la legittimità di un'ordinanza con cui si ordinava il ripristino dello stato dei luoghi a seguito del mutamento di destinazione, di una parte del locale, dall'uso di deposito a quello terziario-direzionale, ovvero ad ufficio destinato al pubblico.
Si è difatti specificato che "il mutamento di destinazione d'uso giuridicamente rilevante è assentibile solo mediante permesso di costruire, in presenza o meno di opere edilizie, in quanto influisce, in via conseguenziale e automatica, sul carico urbanistico senza necessità di ulteriori accertamenti in concreto".
Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, un Comune emanava un provvedimento con cui ordinava, al proprietario di un locale, di ripristinare a proprie cure talune opere abusivamente realizzate.
In particolare, il proprietario aveva realizzato un cambio di destinazione d'uso rilevante su una limitata parte di un locale di sua proprietà, destinato a contenimento di materiale elettrico ed elettronico necessario per lo svolgimento dell'attività della società di realizzazione di impianti elettrici ed elettronici dei propri figli.
Il locale - accatastato con la categoria catastale C2, ovvero commerciale, deposito, contenimento merci-magazzino – era ubicato su una zona ove vigeva un vincolo di inedificabilità, con divieto di incremento del carico insediativo e connesso carico urbanistico.
Il proprietario, dopo aver concesso il locale in comodato gratuito ai figli, inoltrava una comunicazione di inizio lavori di manutenzione straordinaria e ridistribuzione interna ai fini dell'adeguamento funzionale del locale, concretanti una divisione interna in due spazi ben definiti a mezzo della realizzazione di un intramezzo con porta di comunicazione interna; inoltre, l'uomo volturava a proprio nome la TARSU, indicando come destinazione quella ad ufficio.
Il Comune, a seguito di rituale sopralluogo, accertava una "variazione di destinazione d'uso urbanisticamente rilevante" da deposito a "terziario direzionale", sicché, sulla base di un'assunta variazione della destinazione d'uso ex art. 23 ter DPR 380/2001, ingiungeva il ripristino dello status quo ante.
Ricorrendo al Tar, il proprietario avversava siffatto provvedimento e ne chiedeva l'annullamento, evidenziando una serie di illegittimità nella sua adozione.
Il Tar non condivide la posizione del ricorrente.
Il Collegio sottolinea come ai sensi dell'art. 23 ter del DPR 380/2001, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale e rurale.
L'interpretazione giurisprudenziale della norma, da sempre rigorosa, richiede che il cambio di destinazione d'uso, avendo tendenzialmente una giuridica apprezzabilità, non possa essere liberamente eseguito previa CILA, ma debba essere assentito mediante permesso di costruire.
Si è, difatti, ritenuto che il mutamento di destinazione d'uso giuridicamente rilevante è assentibile solo mediante permesso di costruire, in presenza o meno di opere edilizie, in quanto influisce, in via conseguenziale e automatica, sul carico urbanistico senza necessità di ulteriori accertamenti in concreto.
Con specifico riferimento al caso di specie, il Tar rimarca come il provvedimento gravato si appalesa al Collegio legittimo, stante l'evidente sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie contemplata nell'art. 23 ter DPR 380/2001.
Difatti, nel caso di specie, viene in rilievo la fattispecie del passaggio tra categorie funzionali disomogenee ed autonome (mutamento da deposito, o comunque attività commerciale, ad ufficio, e cioè a categoria direzionale), che, perciò solo, integra gli estremi di un mutamento giuridicamente rilevante della destinazione d'uso, soggetto, come tale, al previo rilascio del permesso di costruire, stante la sua idoneità ad incidere sul carico urbanistico.
In conclusione, il Tar rigetta il ricorso con compensazione delle spese.
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