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Supermercato, destinazione d’uso commerciale sopravvenuta: legittimo inibire la prosecuzione dell’attività

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Con la sentenza n. 3731 dello scorso 1 giugno, la sezione terza del Tar Campania, ha confermato la legittimità di un provvedimento con cui era stata ordinata l'immediata cessazione dell'attività commerciale di supermercato esercitata in un locale non dotato di destinazione d'uso commerciale.

Disattendendo la posizione della commerciante secondo cui il provvedimento inibitorio era divenuto illegittimo a seguito della concessione, con permesso a costruire, del mutamento di destinazione d'uso dei locali, si è ricordato che "la legittimità del provvedimento va valutata sulla base delle circostanze di fatto e diritto esistenti al momento della sua adozione, potendo le circostanze successive essere oggetto di autonoma considerazione ai fini dell'adozione di eventuali provvedimento di ritiro". 

 Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, il Comune di Sorrento negava ad una commerciante la prosecuzione dell'attività commerciale di supermercato svolta in virtù di un contratto di locazione.

In particolare, il Comune di Sorrento aveva contestato ai proprietari del suddetto locale commerciale alcune difformità edilizio-urbanistiche oltre che il cambio di destinazione d'uso del locale dalla preesistente destinazione ad uso deposito all'attuale destinazione ad uso commerciale. In virtù di tanto l'ente pubblico intimava l'immediata cessazione dell'attività commerciale .

A seguito dell'adozione del provvedimento inibitorio, su istanza presentata dai proprietari del locale, il Comune con permesso a costruire concedeva il mutamento di destinazione d'uso dei locali da C/3 a C/1, ossia da laboratorio a commerciale.

 Ricorrendo al Tar, la commerciante denunciava la violazione del principio di ragionevolezza e violazione di legge, eccependo la carenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento gravato, alla luce del successivo rilascio del permesso a costruire a seguito della pratica edilizia presentata dalla proprietà dell'immobile, con mutamento di destinazione d'uso dei locali da C/3 a C/1, ossia da laboratorio a commerciale.

Il Tar non condivide le difese mosse dalla ricorrente.

Il Collegio Amministrativo ricorda che la legittimità del provvedimento va valutata sulla base delle circostanze di fatto e diritto esistenti al momento della sua adozione, potendo le circostanze successive essere oggetto di autonoma considerazione ai fini dell'adozione di eventuali provvedimento di ritiro.

Con specifico riferimento al caso di specie, il Collegio evidenzia come il rilascio del permesso di costruire a sanatoria, fosse successivo al gravato ordine di cessazione attività, il quale peraltro al momento della sua emanazione poggiava su adeguati e coerenti presupposti.

Alla luce di tanto, il Tar rigetta il ricorso.

 

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