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Mutamento di destinazione d’uso. Se la s.c.i.a, si perfeziona costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace

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Con provvedimento n.1111/2022 del 27/07/2022 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia ha affermato "l'illegittimità del provvedimento repressivo avente ad oggetto un cambio d'uso e opere che risultano oggetto di una s.c.i.a. in sanatoria già perfezionatasi (per effetto del decorso del tempo) e non previamente rimossa in autotutela" (fonte https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9788429).

Vediamo la questione sottoposta all'attenzione del Tar.

I fatti di causa

Il Comune, sul presupposto dell'accertata abusività del mutamento di destinazione d'uso da "ufficio" a "civile abitazione" di un appartamento sito in un edificio condominiale, ha emanato due ordinanze con cui ha ingiunto alla ricorrente, proprietaria dell'immobile, di ripristinare "l'uso ufficio" e l'originario stato dei luoghi.

La ricorrente ha impugnato le suddette ordinanze deducendone l'illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere e la P.A. si è costituita in giudizio.

La decisione del Tar

Nel merito il Tar ha rilevato che le ordinanze di ripristino dello stato dei luoghi impugnate non tengono conto delle seguenti circostanze:

  • che nel 2011 la dante causa della ricorrente ha presentato istanza di autorizzazione del cambio d'uso,
  • che si è verificata la sanatoria della SCIA per la realizzazione delle opere connesse eseguite, quali: "diversa distribuzione interna"; "chiusura accesso dal vano scala al locale tecnico" e "fusione tra la porzione di terrazza di proprietà esclusiva e quella di uso condominiale",
  • che il Comune ha inviato alla ricorrente una comunicazione ex art. 10bis, L. n. 241/1990, successivamente al perfezionamento della SCIA, instaurando un contraddittorio procedimentale con il privato in ordine all'ammissibilità della SCIA, ma non ha mai adottato il provvedimento definitivo.  

 .Da tali circostanze consegue, a parere del Tar che la P.A. ha adottato un mero atto endoprocedimentale (ossia la comunicazione d'inammissibilità della s.c.i.a. ex art. 10bis), privo di immediata efficacia lesiva e pertanto insuscettibile di autonoma impugnazione, senza aver concluso il procedimento oggetto del preavviso di diniego con un provvedimento espresso.

Ciò ha comportato il consolidamento della succitata S.c.i.a. in sanatoria in quanto la P.A. ha omesso

  • di esercitare nel termine perentorio di 30 giorni previsto dall'art.19, comma 6 bis, L. n. 241/1990, il potere inibitorio-repressivo ad essa spettante in caso di carenza dei presupposti per la s.c.i.a.,
  • di adottare i relativi motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa,
  • l'esercizio dei c.d. poteri di autotutela decisoria, espressamente richiamati dal comma 4 dell'art. 19 della L. n. 241/1990, a norma del quale "Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6-bis, l'amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall'articolo 21 nonies".

 Pertanto, a parere del Tar, l'Amministrazione comunale, ha ordinato la rimozione degli interventi realizzati senza alcuna motivazione ulteriore rispetto alla ritenuta illegittimità delle opere eseguite, anziché procedere all'annullamento d'ufficio della s.c.i.a. ritenuta illegittima, ai sensi dell'art. 21-nonies L. n. 241/1990

Secondo il Tar il modus operandi della P.A. ha, quindi violato le garanzie previste dall'art. 19 L. n.241/1990 in quanto si è tradotto "nella diretta adozione di un provvedimento repressivo, oltre il termine perentorio di trenta giorni, previsto dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70, dalla presentazione della s.c.i.a. e senza le garanzie e i presupposti previsti dall'ordinamento per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio".

Conseguentemente il Tar ha ritenuto che il suddetto provvedimento debba ritenersi illegittimo, in quanto "una volta che la s.c.i.a, si perfeziona, costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace al pari del provvedimento espresso, che può essere rimosso, per espressa previsione legislativa, solo attraverso l'esercizio del potere di autotutela decisoria."

Per questi motivi, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezioni Unite), ha accolto il ricorso e ha annullato i provvedimenti impugnati.

 

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