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Con la sentenza n. 1789/2024, il Tar Campania, sezione distaccata di Salerno, ha annullato un provvedimento con cui – in relazione a dei lavori consistenti nella ricostruzione di parte di un immobile – ne inibiva la prosecuzione sull'errato presupposto che si trattasse di interventi di ristrutturazione edilizia e non di interventi di restauro, consolidamento statico e risanamento conservativo.
Si è quindi specificato che "il restauro o il risanamento conservativo è costituito da interventi di recupero che conservano le preesistenti strutture, assicurando il rispetto di tipologia, struttura e conformazione del manufatto, fondati cioè sul rispetto e mantenimento degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio, senza modifiche dell'identità, della struttura e della fisionomia dello stesso, e senza ampliamento dei volumi e delle superfici. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio".
Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, un Comune emanava un provvedimento con cui inibiva l'esecuzione dei lavori di cui alla SCIA presentata dall'usufruttuaria di un fabbricato per la realizzazione di lavori di restauro, consolidamento statico e risanamento conservativo (di cui alla lett. c) dell'art. 3 del D.P.R. 380/2001) da eseguirsi nell'immobile e consistenti, nel dettaglio, nella ricostruzione nel primo ambiente della porzione di volta in muratura di pietrame crollata, nel risanamento della volta a botte del secondo ambiente, nella realizzazione di piattabande in cemento armato su tutte le aperture esistenti, nella realizzazione di impermeabilizzazione all'estradosso e, infine, nell'esecuzione degli interventi accessori.
A sostegno del provvedimento inibitorio il Comune evidenziava come l'intervento proposto prevedesse la ricostruzione di parte dell'immobile e, pertanto, lo stesso si configurava quale 'intervento di ristrutturazione edilizia' secondo la definizione di cui all'art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. 380/2001, intervento di ristrutturazione non eseguibile nella zona di ubicazione dell'immobile.
Ricorrendo al Tar, l'usufruttuaria contestava la riconduzione degli interventi alla lett. d) del primo comma dell'art. 3, posto che, nel caso di specie, non vi era alcuna alterazione della "volumetria complessiva degli edifici", né vi erano "mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d'uso implicanti incremento del carico urbanistico" o trasformazioni degli organismi edilizi "mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente", limitandosi l'intervento ad eseguire gli interventi indispensabili per bloccare ulteriori crolli o, comunque, ammaloramenti dell'edificio.
Il Tar condivide la posizione della ricorrente.
Il Collegio ricorda come per "interventi di restauro e di risanamento conservativo", si intendono gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d'uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio.
In altri termini, il restauro o il risanamento conservativo è costituito da interventi di recupero che conservano le preesistenti strutture, assicurando il rispetto di tipologia, struttura e conformazione del manufatto, fondati cioè sul rispetto e mantenimento degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio, senza modifiche dell'identità, della struttura e della fisionomia dello stesso, e senza ampliamento dei volumi e delle superfici.
Con specifico riferimento al caso di specie, il Tar rimarca come cui i lavori descritti (ricostruzione nel primo ambiente della porzione di volta in muratura di pietrame crollata; risanamento della volta a botte del secondo ambiente; realizzazione di piattabande in c.a. su tutte le aperture esistenti; realizzazione di impermeabilizzazione all'estradosso; interventi accessori) non sono riconducibili alla nozione di ristrutturazione edilizia ex lett. d) dell'art. 3, comma 1, D.P.R. n. 380/2001, quanto piuttosto a quella di risanamento conservativo di cui alla lett. c) del medesimo articolo, con conseguente errata qualificazione degli stessi da parte del Comune nel provvedimento impugnato.
In conclusione, il Tar accoglie il ricorso ed annulla il provvedimento impugnato
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