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Con la sentenza n. 332/2019, il Tar di Salerno ha statuito l'illegittimità di un regolamento dell'Avvocatura provinciale che, nel caso di sentenza favorevole, ancorava la corresponsione dei compensi ai propri legali a quanto recuperato dalla controparte. Si è quindi specificato che "è illegittimo il regolamento disciplinante il servizio avvocatura di un ente locale, il quale subordini la debenza dei compensi professionali solo agli importi effettivamente recuperati a seguito di condanna della parte avversa soccombente, prevedendo la loro corresponsione a seguito di sentenza favorevole all'ente"
Il caso sottoposto all'attenzione della giustizia amministrativa prende spunto dall'emanazione di un regolamento di organizzazione dell'Avvocatura Provinciale della Provincia di Avellino, il quale stabiliva che, in caso di pronuncia di condanna alle spese della controparte soccombente, i compensi professionali spettanti agli avvocati dipendenti della Provincia di Avellino presso l'Avvocatura sarebbero stati corrisposti solo se effettivamente recuperati dalla controparte.
Un gruppo diavvocati dipendenti presso l'Avvocatura impugnava il surriferito regolamento, dolendosi della palese contrarietà alla legge e al CCNL di categoria; in particolare, se ne deduceva l'illegittimità nella parte in cui limitava la corresponsione dei compensi professionali ai soli casi in cui la controparte fosse condannata al pagamento delle spese di giudizio e ne fosse stato ottenuto il recupero.
Secondo i ricorrenti la disciplina tipizzata nel regolamento impugnato – differentemente dalla previgente disciplina (art. 69 comma 2 D.P.R. 268/87) – sarebbe del tutto incompatibile con il novellato quadro normativo, segnato dalla sottoscrizione dei nuovi contratti collettivi nazionali.
Il Tar condivide le doglianze dei ricorrenti.
Il Collegio richiama il complesso quadro normativo che disciplina i compensi spettanti ai dipendenti dell'Avvocatura dello Stato.
Anteriormente alla contrattualizzazione del pubblico impiego, la relativa disciplina, per la parte di interesse, era contenuta nell'art. 69 del D.P.R. n. 268/1987, il quale espressamente stabiliva – con previsione del tutto analoga a quella contenuta nel regolamento impugnato – che al personale degli enti locali spettava il compenso di natura professionale, di cui al R.D. 1578/1933, recuperato a seguito di condanna della parte avversa soccombente.
L'attuale disciplina legislativa sul pubblico impiego di cui al d.lgs. 165/2001, demanda alla contrattazione collettiva la determinazione dei diritti e degli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro. Con specifico riferimento al trattamento economico del personale dipendente, si statuisce che lo stesso è definito dai contratti collettivi, garantendo la parità di trattamento contrattuale e comunque disponendo trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi dei lavoratori privati; è esplicitamente vietata la sottoscrizione in sede decentrata di contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali.
In applicazione della citata normativa, il C.C.N.L. integrativo del Comparto Regioni ed Enti Locali dispone che gli Enti locali provvisti di Avvocatura disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all'Ente, secondo i principi di cui al R.D.L. 1578/1933 (che, a sua volta, affida all'avvocatura generale dello Stato e alle avvocature distrettuali,l' esazione delle competenze nei confronti delle controparti soccombenti); sono, comunque fatti salvi gli effetti degli atti con i quali gli stessi Enti abbiano applicato la disciplina vigente per l'Avvocatura dello Stato anche prima della stipulazione del C.C.N.L.
La regolamentazione pattizia citata ha introdotto, differentemente dal passato, anche per gli enti locali, un sistema retributivo analogo a quello ratione temporis in vigore per l'Avvocatura dello Stato, proprio al fine di garantire la più ampia parità di trattamento.
Ne deriva che le parti contrattuali, secondo un principio di parità di trattamento, hanno oggi ancorato per tutti gli avvocati dipendenti, ivi compresi quelli degli enti locali, la debenza di compensi professionali semplicemente alla ricorrenza di sentenze favorevoli, superando, "in melius", la previgente disciplina specifica di settore (art. 69 comma 2 del D.P.R. 268/87) che ne subordinava la spettanza agli importi "recuperati" a seguito di condanna della parte avversa soccombente.
Tale ultima norma, dunque, cessa di avere vigore a seguito della sottoscrizione dei nuovi contratti collettivi nazionali che disciplinano la materia in modo difforme: la disposizione regolamentare impugnata, lungi dall'avere l'avallo dalla nuova contrattazione collettiva, si pone in suo palese contrasto dettando disposizioni peggiorative, sicché deve essere annullata.
In ragione di tanto, il Tar accoglie ricorso e, per l'effetto, annulla il regolamento impugnato; la complessità delle tematiche trattate, porta a ritenere congrua l'integrale compensazione delle spese di giudizio.
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