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La violazione della clausola di ultravigenza è condotta antisindacale.

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Nei contratti collettivi, la clausola mediante la quale le parti contraenti stabiliscono che "il contratto concluso resterà in vigore fino alla stipula di quello successivo", deve essere qualificata come clausola di ultrattività, in quanto espressione della volontà delle parti stipulanti di vincolarsi al contenuto del contratto sottoscritto, fino alla nuova negoziazione e sottoscrizione. La violazione di tale clausola di ultravigenza integra una fattispecie di condotta antisindacale, essendo il mancato rispetto del termine di efficacia del contratto (anche se non esattamente identificato, ma, comunque, identificabile mediante il rinvio alla stipula di quello successivo) idoneo a ledere sia gli interessi collettivi di cui sono portatrici le associazioni sindacali, che i diritti dei singoli lavoratori.

E' questo, in sostanza, quanto affermato dalla sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 33982/23, pubblicata il 23 novembre scorso all'esito di una controversia scaturita dalla mancata applicazione di un contratto collettivo aziendale nel periodo tra la sua disdetta e la firma del nuovo contratto.

Secondo quanto affermato dal sindacato ricorrente, il comportamento del datore di lavoro ( una società operante nel settore della grande distribuzione) aveva minato l'autorevolezza della stessa organizzazione sindacale dinanzi ai propri iscritti, facendola apparire incapace di garantire la protratta applicazione del contratto disdettato nel periodo di tempo necessario al suo rinnovo e, quindi, di evitare i correlati pregiudizi, anche economici, derivanti ai lavoratori.

Il ricorso, diretto al riconoscimento dell'antisindacalità della condotta, era stato rigettato sia dal tribunale, per vizio di forma, che dalla Corte d'Appello, nel merito.

Per il giudice del secondo grado, la violazione della clausola di ultrattività non aveva determinato una lesione delle prerogative sindacali con specifico riferimento alla fase delle trattative per il rinnovo del contratto aziendale, ciò sul rilievo della partecipazione dell'associazione sindacale alle trattative medesime, nonché nella convinzione che la violazione della clausola di ultrattività integrasse una "violazione di natura contrattuale", che il singolo lavoratore poteva far valere con autonoma azione.

L'associazione sindacale, si rivolgeva alla Cassazione con un ricorso molto articolato in cui prospettava la violazione dell'art. 28, legge n. 300 del 1970, sotto plurimi aspetti.

Secondo il ricorrente la Corte territoriale aveva errato nell'escludere la lesione delle prerogative sindacali in ragione della partecipazione dell'associazione alla trattativa di rinnovo del contratto disdettato, perché non aveva considerato che ad essere determinante ai fini dell'articolo 28 cit. è il modo in cui la trattativa di rinnovo si svolge e non la mera partecipazione ad essa.

Inoltre, il giudice del merito non aveva considerato che la violazione della clausola di ultravigenza aveva provocato forti proteste dei lavoratori, proteste in sé fortemente significative della perdita di credibilità delle OO. SS.

La Cassazione, investita del ricorso, ha fornito utili chiarimenti riguardo alla natura  della clausola di ultrattività del contratto, assegnando ad essa il valore della indicazione di un termine di durata individuato non in riferimento ad una specifica data, ma in relazione ad un evento futuro e certo, benché privo di una precisa collocazione cronologica.

Si legge, infatti, nella sentenza in commento che "poiché la "scadenza" del contratto non può che essere quella fissata specificamente e chiaramente dalle parti collettive, la previsione della perdurante vigenza fino alla nuova stipulazione, ha il significato della previsione di un termine di durata, benché indeterminato nel quando, atteso che il contratto collettivo di diritto comune è regolato dalla libera volontà delle parti, che possono in tal modo regolare gli effetti del contratto scaduto quanto al termine di efficacia. 

Difatti, nelle obbligazioni da contratto, il criterio distintivo tra termine e condizione va ravvisato nella certezza e/o nell'incertezza del verificarsi di un evento futuro che le parti hanno previsto per l'assunzione di un obbligo o per l'adempimento di una prestazione, sicché  ricorre l'ipotesi del termine quando detto evento futuro sia certo, anche se privo di una precisa collocazione cronologica, purché risulti connesso ad un fatto che si verificherà certamente. 

In coerenza con tali principi, la Cassazione ha ritenuto di poter qualificare la clausola contenuta nel contratto integrativo aziendale disdettato e disapplicato dalla società datrice di lavoro come clausola di ultrattività, espressione della volontà delle parti stipulanti di vincolarsi al contenuto del contratto sottoscritto, fino alla nuova negoziazione e sottoscrizione.

Quanto all'idoneità della condotta a violare le prerogative sindacali (idoneità parimenti esclusa dalla Corte territoriale), la Corte ha ricordato che la condotta antisindacale ha carattere plurioffensivo e, per il suo configurarsi, è sufficiente che tale comportamento leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro, e ciò né nel caso di condotte tipizzate – perché consistenti nell'illegittimo diniego di prerogative sindacali (quali il diritto di assemblea, il diritto delle rappresentanze sindacali aziendali a locali idonei allo svolgimento delle loro funzioni, il diritto ai permessi sindacali) -, né, nel caso di condotte non tipizzate ed in astratto lecite, ma in concreto oggettivamente idonee, nel risultato, a limitare la libertà sindacale;  sicché ciò che il giudice deve accertare ai fini dell'antisindacalità della condotta,  è l'obiettiva idoneità di quest'ultima a produrre l'effetto che la disposizione citata intende impedire, ossia la lesione della libertà sindacale e del diritto di sciopero.

Conclusivamente, secondo la Cassazione, la disapplicazione della clausola di ultravigenza, traducendosi in una sostanziale violazione del termine di scadenza del contratto sostituito e in un'anticipata disdetta - peraltro non consentita da nessuna norma -, deve ritenersi una condotta antisindacale, in quanto idonea ad incidere su prerogative sindacali contrattualmente sancite. 

 

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