Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Avvocati e obbligo di tempestivo avviso dei propri recapiti. Illecito, sanzioni e sciminanti

houses-and-red-navigation-pointer-pin-2022-11-09-06-33-34-utc

 Fonti: https://www.codicedeontologico-cnf.it/

Costituisce illecito disciplinare l'omessa o tardiva comunicazione scritta al COA di appartenenza dei propri recapiti professionali, anche secondari, e dei successivi eventi modificativi? E quale sanzione può essere comminata all'incolpato? Le condizioni di salute dell'incolpato possono costituire una scriminante dell'illecito deontologico o possono essere tenute in considerazione solo nella determinazione concreta della sanzione? Su tali questioni si è pronunciato il Consiglio Nazionale Forense con sentenza n.269 del 30 dicembre 2022.

Vediamo i punti salienti della vicenda sottoposta al Consiglio.

I fatti del procedimento

La suddetta decisione del Consiglio Nazionale Forense è stata originata dall'esposto presentato nei confronti di un avvocato che ha omesso per oltre un anno di dare comunicazione scritta ed immediata al COA di appartenenza dei propri recapiti professionali e dei successivi eventi modificativi.

Per questa vicenda l'avvocato è stato sottoposto a procedimento disciplinare, dalla cui documentazione è emerso che:

  • sull'albo consultabile online, tenuto dal COA, fosse ancora presente il vecchio indirizzo di studio dell'incolpato, laddove l'indirizzo era stato modificato da oltre un anno;
  • nel nuovo recapito, mai segnalato all'Ordine, l'avvocato ha rifiutato di ricevere atti stragiudiziali e giudiziali, circostanza confermata dallo stesso incolpato, il quale su una raccomandata AR su carta intestata recante il vecchio indirizzo di studio ha dichiarato espressamente che "…sino al 21 settembre 2012 il mio studio si trovava in Via ...".

 Il CDD ha rilevato che la norma di riferimento nel caso di specie è contenuta nell'art.70 cdf, il quale stabilisce che

  • "L'avvocato deve dare comunicazione scritta e immediata al Consiglio dell'Ordine di appartenenza (...) dell'apertura di studi principali, secondari e di recapiti professionali e dei successivi eventi modificativi" (comma 2) e
  • "La violazione dei doveri di cui ai commi 1, 2, 3, 5 e 6 del presente articolo comporta l'applicazione della sanzione disciplinare dell'avvertimento; la violazione dei doveri di cui al comma 4 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura" (comma 4).

Pertanto nel caso di specie il CDD ha ritenuto di dover applicare all'incolpato la sanzione della censura tenuto conto sia del disposto del succitato art.70 comma 2 cdf sia della circostanza che in passato all'incolpato sono state già inflitte, per altri illeciti deontologici, le sanzioni disciplinari dell'avvertimento e della sospensione.

Avverso questa decisione l'incolpato ha presentato ricorso al Consiglio Nazionale Forense evidenziando che l'omessa comunicazione al COA della variazione dell'indirizzo dello studio legale fosse giustificata dal grave stato di malattia che lo ha afflitto all'epoca dei fatti.

La decisione del Consiglio Nazionale Forense

Nel merito il Consiglio ha effettuato delle osservazioni circa la possibilità di dare rilevanza alle condizioni di salute dell'incolpato per escludere la sua responsabilità disciplinare. 

 Sul punto il Consiglio ha chiarito che poiché ai fini della sussistenza dell'illecito disciplinare, è sufficiente la volontarietà del comportamento dell'incolpato e, quindi, sotto il profilo soggettivo, è sufficiente la "suitas" della condotta intesa come volontà consapevole dell'atto che si compie, le condizioni psicofisiche dell'incolpato non costituiscono una scriminante per l'illecito deontologico, in quanto ai fini dell'incolpazione è sufficiente la volontarietà dell'azione. A sostegno di questa tesi il Consiglio ha richiamato il proprio orientamento secondo il quale "L'illecito disciplinare non è scriminato dall'asserita buona fede, giacché per l'imputabilità dell'infrazione è sufficiente la volontarietà con la quale è stato compiuto l'atto deontologicamente scorretto, a nulla rilevando la buona fede dell'incolpato ovvero le sue condizioni psico-fisiche, elementi dei quali si può tener conto solo nella determinazione concreta della sanzione" (CNF, sentenza n. 27 del 22 marzo 2022, CNF, sentenza n. 243 del 29 dicembre 2021).

Accertata la sussistenza della responsabilità disciplinate, il Consiglio ha esaminato la questione relativa alla sanzione applicata dal CDD. Sul punto il Consiglio ha osservato che per la violazione dell'art.70, comma 2, il vigente codice deontologico forense prevede la sanzione edittale dell'avvertimento, la sanzione attenuata del richiamo verbale e la sanzione aggravata fino alla sospensione minima di due mesi.

Nel caso di specie, in considerazione della comprovata patologia dell'incolpato il Consiglio ha ritenuto appropriata la sanzione edittale dell'avvertimento.

Per questi motivi il Consiglio Nazionale Forense, in riforma dell'impugnata sentenza, ha comminato all'avvocato la sanzione dell'avvertimento. 

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Se difendi un criminale sei l’avvocato del diavolo...
Genitori e dovere di mantenimento dei figli maggio...

Forse potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca nel sito