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Con la sentenza n. 1916 dello scorso 5 dicembre, la III sezione del Tar Lecce, chiamata ad esaminare la legittimità di un'ordinanza con cui era stata vietata la prosecuzione di un'attività intrapresa a seguito di scia, ha rigettato il ricorso di un proprietario che si doleva per la mancata comunicazione del provvedimento inibitorio.
Si è difatti precisato che la SCIA è un atto in tutto e per tutto del privato, sicché deve escludersi che l'autorità procedente debba comunicare al segnalante l'avvio del procedimento o il preavviso di rigetto ex art. 10-bis della legge n. 241-1990 prima dell'esercizio dei relativi poteri di controllo e inibitori.
Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, il proprietario di un terreno di mq. 928, antistante la propria casa di abitazione ed utilizzata dal medesimo per la villeggiatura estiva in una località balneare del leccese, al fine di rendere più confortevole il proprio soggiorno, decideva di realizzare sulla suddetta area di sua proprietà un campo da tennis con opere edilizie e, a tal fine, con S.C.I.A. presentata al Comune competente, inoltrava il relativo progetto, asserendo che su tale area non insisteva alcun vincolo paesaggistico.
Il Responsabile del Settore V del Comune interessato, con ordinanza ritualmente notificata al proprietario, disponeva il divieto di prosecuzione dell'attività intrapresa, ordinando altresì la rimozione degli eventuali effetti dannosi. A giustificazione dell'ordinanza restrittiva, si rilevava come l'intervento, ricadendo in area sottoposta alla tutela paesaggistica, necessitava della preventiva autorizzazione paesaggistica che, nella specie, non risultava né allegata né richiesta.
Ricorrendo al Tar, il proprietario chiedeva l'annullamento del provvedimento comunale sopra menzionato, nonché di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali tali atti, previa sospensione degli effetti, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 14 della Legge n. 241/1990 per carenza assoluta di motivazione, nonché per omessa comunicazione di avvio del procedimento.
A tal riguardo evidenziava l'illegittimità dell'impugnata ordinanza, essendo la stessa stata adottata senza la previa comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo.
Il Tar non condivide le difese mosse dal ricorrente.
In punto di diritto il Collegio Amministrativo ricorda come la SCIA non è qualificabile alla stregua di un provvedimento amministrativo, né come una istanza di parte per l'avvio di un procedimento amministrativo poi conclusosi in forma tacita, ma come atto in tutto e per tutto del privato: si tratta, infatti, di una dichiarazione di volontà privata di intraprendere una determinata attività ammessa direttamente dalla legge.
Il denunciante la SCIA è titolare di una posizione soggettiva originaria che rinviene il suo fondamento diretto ed immediato nella legge e che non ha bisogno di alcun consenso della. P.A., sicché la segnalazione di inizio attività non instaura alcun procedimento autorizzatorio destinato a culminare in un atto finale di assenso, espresso o tacito, da parte dell'amministrazione.
Proprio in virtù della sua natura di atto privato, deve escludersi che l'autorità procedente debba comunicare al segnalante l'avvio del procedimento o il preavviso di rigetto ex art. 10-bis della legge n. 241-1990 prima dell'esercizio dei relativi poteri di controllo e inibitori: in assenza di procedimento, non c'è spazio per la comunicazione di avvio, per il preavviso di rigetto o per atti sospensivi da parte dell'Amministrazione.
Con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza in commento rileva come il ricorrente erroneamente abbia lamentato la mancata comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, pacificamente ricorrendo, nel presente caso, l'ipotesi di una S.C.I.A. presentata dal medesimo ricorrente di fronte alla quale, secondo l'insegnamento sopra richiamato, non vi era alcun obbligo di comunicazione di avvio del procedimento.
Alla luce di tanto, il Tar rigetta il ricorso.
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