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Affido, adozione e bimbi contesi tra le famiglie.

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 In questi giorni ha destato molto clamore il caso del piccolo Luca di anni tre (nome di fantasia), bimbo conteso tra la famiglia affidataria che lo aveva cresciuto fin dall'età di sette mesi e l'aspirante famiglia adottiva.

Per undici giorni il bimbo è andato con la coppia in attesa di adozione , per poi fare rientro presso la famiglia affidataria.

Quest'ultima, appena saputo dell'apertura dello stato di adottabilità del minore a seguito della decisione del Tribunale dei Minorenni di Verona, ha deciso di offrire la propria disponibilità ad adottare Luca, facendo riferimento a quanto consentito dalla Legge n. 173 del 2015 sulla continuità degli affetti.

L'udienza si terrà ad ottobre e nelle more era già stata individuata la coppia che secondo le valutazioni svolte dagli esperti del Tribunale, appariva idonea a prendersi cura del piccolo Luca.

Orbene, avendo anche la famiglia affidataria fatto richiesta di adozione, ecco che inizia la contesa.

Cosa fare allora?

Il Tribunale dovrà valutare se, il lasso di tempo trascorso da Luca presso la famiglia accogliente abbia determinato l'instaurarsi di legami così profondi e significativi, che, reciderli costituirebbe una inutile ulteriore sofferenza a carico del minore.

In tutta questa vicenda è corretto anche prestare attenzione a favore dell'aspirante coppia adottiva, che, probabilmente da molto tempo si preparava per l'arrivo di quel bambino tanto sognato e che oggi, finalmente si stava materializzando.

Non è facile, non lo è mai quando si parla di sentimenti, di aspettative, di diritti violati e di storie di abbandono che segnano per tutta la vita.

E' commovente la lettera della famiglia affidataria che urla il proprio amore verso Luca ed è bello che in tanti si stiano mobilitando per lui,  ma, l'auspicio finale di tutta questa vicenda è che prevalga solo il buon senso, perché in un caso del genere nessuno dovrebbe mai vincere o perdere.

Dal punto di vista giuridico di cosa si parla? Che cosa significa accogliere un bimbo in affido? E perché un bimbo non può subito essere adottato?

Per comprendere meglio e rispondere alle domande svolte, basti partire da quelle che sono le finalità dell'istituto dell'affidamento familiare e dell'adozione.

L'affido nasce per intervenire nel caso di temporanea difficoltà della famiglia di origine di prendersi cura del figlio.

Nel nostro ordinamento è previsto che si faccia tutto il possibile affinché il minore rientri nella propria famiglia naturale, ragion per cui lo Stato deve attivarsi per rimuovere tutti gli ostacoli esistenti per la tutela della famiglia.

Quando non sia proprio possibile tale rientro, ecco che il minore è adottabile e potrà andare presso la famiglia abbinata secondo delle valutazioni svolte dai professionisti, tenendo conto di tutta una serie di fattori.

L'affidamento familiare nasce per ovviare alla "istituzionalizzazione" dei bambini soprattutto quando molto piccoli e bisognosi quindi di maggiori cure.

Ma l'obiettivo del nostro legislatore è tutte le volte in cui ciò sia possibile il rientro del bambino nella famiglia d'origine, quando rimosse le cause che ne hanno determinato l'allontanamento.

Questi pochi cenni bastano a far comprendere che affido e adozione sono due istituti ben distinti, ecco perché chi dichiara di essere disponibile all'affido, deve farlo senza alcuna aspettativa di adottare, aderendo ad un progetto che per la sua buona riuscita deve prescindere da ulteriori aspettative e desideri nascosti.

Nonostante ciò, il legislatore con l'emanazione della Legge n. 173/2015 ha voluto ripensare l'assetto appena descritto, introducendo la possibilità di tenere conto dei legami affettivi instaurati dal minore e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi nel tempo con la famiglia affidataria.

D'altra parte l'istituto nasce per assicurare una protezione temporanea del minore, ma, se nei fatti la sua durata dovesse dilatarsi ben oltre quella stabilita dalla legge,  ciò potrà portare alla decisione di non spostare il minore da quella che ormai egli "sente" come la propria famiglia ed all'interno della quale risulta ormai perfettamente integrato.

 Non si tratta di una "scorciatoia" per chi aspira ad adottare ma di un mezzo utile a preservare il legame con gli affidatari nell'esclusivo e superiore interesse del minore.

Gli affidatari dovranno quindi presentare regolare domanda al Tribunale per i minori da valutare secondo la procedura ordinaria.

Del resto è accaduto in passato che, dopo anni di affidamento familiare il minore sia stato poi adottato destando preoccupazione allorquando si erano effettivamente innescati legami molto forti tra il fanciullo e gli affidatari.

La legge 173/2015 ha posto rimedio introducendo la possibilità di dare continuità ai legami affettivi,  oltre al fatto che anche gli affidatari oggi devono essere ascoltati e possono presentare memorie all'interno del procedimento.

La Suprema Corte ha affermato l'importanza del loro ruolo, spesso figure indispensabili per comprendere e valutare l'esperienza relazionale vissuta dal minore.

Quindi se da un alto non esiste alcun automatismo e ben potrebbe accadere che il minore venga adottato da altri, dall'altro il legislatore con la legge del 2015 ha mostrato finalmente di comprendere l'importanza delle relazioni socio affettive consolidatesi durante l'affidamento.

Tale rilevanza è ulteriormente testimoniata dall'art. 4, comma 5 ter della legge 184/1983 che garantisce il diritto del minore alla continuità affettiva anche qualora quest'ultimo faccia ritorno nella famiglia di origine o venga adottato, infatti, in tali ipotesi se ritenuto rispondente all'interesse del minore deve essere comunque assicurata la continuità delle relazioni socio affettive consolidatesi con la famiglia affidataria.

Afferma Kant: agisci sempre rispettando l'uomo in quanto fine e mai come mezzo per realizzare te stesso, il tuo egoismo, le tue passioni.

In quest'ottica il legame con gli affidatari può essere letto non come un valore da garantire sempre e comunque, ma come un qualcosa che meriterà senz'altro di essere preservato e tutelato dove risultino esserci delle relazioni talmente significative, profonde ed importanti da essere considerate prioritarie per la crescita e il benessere psicofisico del minore. 

 

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