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Con l'ordinanza n. 16695 depositata lo scorso 5 agosto, la I sezione civile della Corte di Cassazione, ha cassato una sentenza di merito con la quale era stato revocato lo stato di adottabilità senza accertare in modo rigoroso se il recupero della capacità genitoriale della madre potesse avvenire in tempi ragionevolmente certi o quantomeno prevedibili e compatibili con l'equilibrata crescita del minore.
Si è difatti precisato che se è vero che bisogna privilegiare, nei limiti del possibile, il diritto dei minori a crescere con i genitori biologici, cionondimeno il giudice deve rigorosamente accertare che il recupero della capacità genitoriale, nei genitori che ne sono privi, avvenga in tempi ragionevolmente certi o quantomeno prevedibili e compatibili con l'equilibrata crescita degli stessi minori, atteso che attenderne indefinitamente gli sviluppi si risolverebbe in un inevitabile pregiudizio per i bambini.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal ricorso proposto dalla Procura della Repubblica affinché fosse dichiarato lo stato di adottabilità di un bambino.
L'istanza traeva origine dalla psicopatologia della mamma: la patologia, infatti, avendo condizionato e pregiudicato irrimediabilmente le capacità genitoriali della donna, non consentiva di formulare una prognosi favorevole in termini di recuperabilità del suo ruolo di madre.
Alla luce di tanto, il Tribunale dei minori di Brescia dichiarava lo stato di adottabilità del minore, affinché potesse essere accolto in un ambiente familiare che gli consentisse di ricevere le necessarie cure e protezione.
La decisione veniva ribaltata dalla Corte di Appello di Brescia, sul presupposto che – pur non potendo ritenersi raggiunta la piena capacità genitoriale della madre – non poteva comunque escludersi la possibilità che ciò sarebbe avvenuto in futuro con tempi compatibili con la crescita del minore, atteso l'andamento costantemente positivo delle condizioni di salute raggiunte.
A sostegno della decisione presa, la Corte richiamava il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui, a fronte del diritto del minore di crescere nell'ambito della famiglia di origine, deve ritenersi del tutto eccezionale la misura dell'adozione, cui è possibile ricorrere solo quando si siano dimostrate impraticabili altre misure di carattere assistenziale volte a favorire il ricongiungimento con i genitori biologici, ivi compreso l'affidamento familiare di carattere temporaneo.
Avverso la decisione, proponevano ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Brescia ed il tutore del minore, dolendosi per avere la Corte di merito omesso di valutare se i tempi per recuperare le capacità genitoriali materne fossero effettivamente compatibili con i tempi del bambino.
A tal riguardo, si evidenziava come la Corte d'Appello avesse fatto erroneamente coincidere il miglioramento della salute psico-fisica della madre con un miglioramento delle sue competenze genitoriali, sebbene tale miglioramento non solo non era stato attestato, ma neppure ero stato oggetto di accertamento da parte dei giudici di merito; la stessa madre, inoltre, aveva ammesso la propria incapacità, rifiutandosi sempre di occuparsi del bambino.
La Cassazione condivide la posizione dei ricorrenti.
La Corte premette che il prioritario diritto dei minori a crescere nell'ambito della loro famiglia di origine non esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l'impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, permanga tuttavia la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli e non risulti possibile prevedere con certezza l'adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatitili con l'esigenza dei minori di poter conseguire una equilibrata crescita psico-fisica.
Ne deriva che se è vero che bisogna privilegiare, nei limiti del possibile, il diritto dei minori a crescere con i genitori biologici, cionondimeno il giudice deve rigorosamente accertare che il recupero della capacità genitoriale, nei genitori che ne sono privi, avvenga in tempi ragionevolmente certi o quantomeno prevedibili e compatibili con l'equilibrata crescita degli stessi minori, atteso che attenderne indefinitamente gli sviluppi si risolverebbe in un inevitabile pregiudizio per i bambini.
Ciò chiarito, con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la Corte di merito non ha effettuato alcuna prognosi in ordine ai tempi di recupero delle capacità genitoriali della madre, che aveva esplicitamente dichiarato di non essere in grado di svolgere il ruolo di madre.
In particolare, il giudice di secondo grado si è limitato a rilevare, in via del tutto generica ed apodittica che, pur non avendo la madre del minore raggiunto la piena capacità genitoriale, non poteva escludersi che ciò sarebbe avvenuto in futuro, con tempi compatibili con la crescita del minore: così argomentando, tuttavia, la sentenza impugnata non si è domandata quali fossero i tempi degli sviluppi della futura relazione madre – figlio, così astenendosi quindi dall'accertare in modo rigoroso se il recupero della capacità genitoriale della medesima potesse avvenire in tempi ragionevolmente certi o quantomeno prevedibili e compatibili con l'equilibrata crescita del minore.
Compiute queste precisazioni, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
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