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Quando opera la causa di non punibilità delle offese contenute negli scritti difensivi?

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Quando non sono punibili le offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative?

Il legislatore ha inteso garantire alle parti del processo e ai rispettivi difensori [...] la massima libertà nell'esercizio del diritto di difesa. A tal fine è prevista la non punibilità delle offese contenute negli scritti difensivi [1]. Perché operi tale non punibilità occorre che le offese :

  • «riguardino in modo diretto e immediato l'oggetto della controversia e abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni svolte a sostegno della tesi prospettata o per l'accoglimento della domanda proposta» (Cass. civ. nn. 10423/2005, n. 18207/2007, 27001/2011; 5991/1979, 15503/2002, richiamate da Cass. civ., n. 13797/2018);
  • i) siano «contenute in scritti difensivi inviati alle "parti" processuali attuali del giudizio ordinario o amministrativo nel quale siano proferite, ii) non riguardino soggetti solo "interessati" al giudizio (Cass. pen.,nn. 45173 /2015, 7633 /2011, richiamate da Cass. pen., n. 38424/2019) o [...] soggetti svolgenti funzioni di ausilio allo svolgimento del processo, come gli appartenenti al personale di cancelleria» (Cass. pen., n. 38424/2019);
  • siano contenute in scritti presentati o discorsi pronunciati dalle parti o dai loro difensori in procedimenti innanzi all'autorità giudiziaria o amministrativa (Cass. pen., n. 24452/2019). Tuttavia, è possibile che la non punibilità operi anche quando le offese siano contenute in un atto stragiudiziale (quale ad esempio una diffida stragiudiziale), ove detto atto sia prodromico al giudizio (Cass. pen., n. 24452/2019);
  • non abbiano un contenuto minimo di verità o che comunque tale verità non sia deducibile dal contesto. E ciò in considerazione del fatto che finalità dell'esimente in questione è la tutela della libertà di difesa in relazione alla causa a prescindere dalla fondatezza dell'argomentazione (Cass. pen., nn. 2507/2016, 40452/2004, richiamate da Cass. pen., n. 24452/2019).

Deve escludersi l'operatività della esimente in esame ove gli scritti offensivi contengano accuse su fatti potenzialmente costituenti reato, in tali casi non può «valere l'assunto di avere agito nell'espletamento di condotta difensiva» (Cass. pen., n. 29235/2011, richiamata da Cass. pen., n. 32823/2019).

L'esclusione della punibilità delle offese contenute negli scritti difensivi nella giurisprudenza

Si ritiene che:

  • l'esimente in questione non trova applicazione alle offese contenute negli scritti del consulente tecnico nominato nel procedimento penale in quanto quest'ultimo agisce in una veste processuale diversa sia da quella della parte del giudizio, sia da quella del difensore (Cass. pen., n. 6051/2015);
  • affinché operi l'esimente di cui stiamo discorrendo, è necessario che gli scritti contenenti le offese siano rivolti alle parti attuali del giudizio, e non a soggetti terzi, "potenziali" parti, o comunque a meri interessati alle sorti del giudizio.  

La ratio di ciò si rinviene nel fatto che, a certe condizioni, opera «un ridimensionamento (o meglio una valenza scriminante) di quelle offese sviluppatesi in un ambito circoscritto, già in sé conflittuale, quale è un procedimento amministrativo o giudiziario, che vede contrapporsi interessi nell'ambito di un contraddittorio che frequentemente è caratterizzato da toni aspri […] strumentali a una conclusione favorevole del procedimento»(Cass. pen., n. 45173/2015);

  • «l'atto di costituzione di parte civile nel processo penale è frutto di una scelta discrezionale della parte che assume di essere stata danneggiata dal comportamento criminoso. Un tale scritto non può fare a meno di contenere una qualche prospettazione accusatoria contro l'imputato, perché altrimenti la costituzione stessa sarebbe priva di senso». Ne consegue che non sono punibili le eventuali offese contenute in tale scritto, a condizione che si tratti di offese concernenti l'oggetto della causa (Cass. civ., n. 7119/2015);
  • l'accusa di patrocinio infedele rivolta da un avvocato a un collega, a tutela degli interessi di un propri cliente, ove non sia formulata in modo da attribuire al collega fatti falsi, ma sia rappresentata come mera ipotesi astrattamente formulabile, mantiene il carattere di fatto offensivo scriminabile ai sensi dell'art. 598 c.p., senza trasformarsi in fatto calunnioso, non scriminabile (Cass. pen., n. 28688/2015).


Note

[1] Art. 598 c.p.:

«Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all'autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un'autorità amministrativa, quando le offese concernono l'oggetto della causa o del ricorso amministrativo.

Il giudice, pronunciando nella causa, può, oltre ai provvedimenti disciplinari, ordinare la soppressione o la cancellazione, in tutto o in parte, delle scritture offensive, e assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Qualora si tratti di scritture per le quali la soppressione o cancellazione non possa eseguirsi, è fatta sulle medesime annotazione della sentenza».  

 

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