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Adozioni, SC: "Bisogna prima rimuovere le situazioni di disagio familiare"

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Con l'ordinanza n. 32412 depositata lo scorso 11 dicembre, la I sezione civile della Corte di Cassazione, ha fornito importanti precisazioni sugli accertamenti e sulle valutazioni da compiere prima di disporre un'adozione.

Si è difatti precisato che in tema di accertamento dello stato di adottabilità, il giudice di merito deve operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l'effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi dell'intervento dei servizi territoriali.

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'emissione della sentenza con cui il Tribunale dei Minorenni di Catanzaro dichiarava lo stato di adottabilità di un bambino, affetto da disturbo del linguaggio associato ad alterazioni del ritmo dovuto alla sua storia clinica.

La mamma, infatti, durante il periodo di gravidanza, aveva assunto diversi farmaci, così determinando una sofferenza perinatale e un ritardo di acquisizione delle tappe di sviluppo psicomotorio.

La Corte di Appello di Catanzaro, sezione minorenni, confermava la decisone del giudice di primo grado. 

 In particolare, i giudici d'appello, confermando le valutazioni espresse dal primo giudice all'esito di consulenza tecnica neuropsichiatrica, evidenziavano come il minore – a causa della situazione della madre, vulnerabile ed affetta da una totale incapacità di svolgere in maniera adeguata la funzione genitoriale – rischiava di rimanere privo di assistenza morale e materiale da parte di quest'ultima, senza che fossero emersi progetti educativi genitoriali effettivi e concreti; peraltro, il minore, sin dalla collocazione nella casa-famiglia ed anche nel nuovo contesto famigliare in cui era stato inserito, aveva dimostrato un miglioramento generale.

Avverso la decisione, proponeva ricorso per Cassazione la mamma, lamentando falsa applicazione della legge italiana sulle adozioni nonché della Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo, della Convenzione di Strasburgo, della Carta dei Diritti fondamentali della UE.

In particolare deduceva come, nel caso di specie, andasse salvaguardato il prioritario interesse del bambino a vivere e crescere nella famiglia di origine, essendo insussistenti le condizioni di abbandono morale e materiale del minore, posto che la mamma aveva soltanto attraversato un difficile periodo, transitorio, di fragilità emotiva e stava, al contempo, riacquisendo la capacità genitoriale.

La Cassazione non condivide la posizione della ricorrente.

La Corte evidenzia come il diritto del minore di crescere nell'ambito della propria famiglia d'origine impone al giudice di merito di tentare un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare: nell'accertamento sullo stato di adottabilità, infatti, occorre effettuare una prognosi sull'effettiva ed attuale possibilità di recupero, attraverso un percorso di crescita e sviluppo delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento, in primo luogo, alla elaborazione, da parte dei genitori, di un progetto, anche futuro, di assunzione diretta della responsabilità genitoriale, caratterizzata da cura, accudimento, coabitazione con il minore, ancorché con l'intervento dei servizi territoriali.

Ne consegue che compito del servizio sociale incaricato non è solo quello di rilevare le insufficienze in atto del nucleo familiare, ma, soprattutto, di concorrere, con interventi di sostegno, a rimuoverle.

Sul punto, ricorre la "situazione di abbandono" anche nel caso di rifiuto ostinato a collaborare con i servizi sociali; in particolare, si deve trattare di una situazione non derivante esclusivamente da condizioni di emarginazione socio economica, ma di una situazione fondata su un giudizio d'impossibilità morale o materiale caratterizzato da stabilità ed immodificabilità, quanto meno in un tempo compatibile con le esigenze di sviluppo psicofisico armonico ed adeguato del minore.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte d'Appello ha esaminato la capacità genitoriale della madre formulando un giudizio negativo sulla capacità della stessa di recupero del rapporto genitoriale; è emersa, pur a fronte della volontà della madre di prendersi cura dei figli, della totale assenza di adeguati riscontri indicatori di un recupero in tempi ragionevoli della situazione.

Compiute queste precisazioni, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso con compensazione delle spese per la particolarità della controversia.

 

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