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Vale oggi ugualmente come allora valeva, imperocché (sic!) oggi del pari sarebbe disdicevole e brutto veder le donne discendere nella forense palestra, agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano, e nelle quali anche, loro malgrado, potrebbero esser tratte oltre ai limiti che al sesso più gentile si conviene di osservare: costrette talvolta a trattare ex professo argomenti dei quali le buone regole della vita civile interdicono agli stessi uomini di fare motto alla presenza di donne oneste. Considerato che dopo il fin qui detto non occorre nemmeno di accennare al rischio cui andrebbe incontro la serietà dei giudizi se, per non dir d'altro, si vedessero talvolta la toga o il tocco dell'avvocato sovrapposti ad abbigliamenti strani e bizzarri, che non di rado la moda impone alle donne, e ad acconciature non meno bizzarre; come non occorre neppure far cenno del pericolo gravissimo a cui rimarrebbe esposta la magistratura di essere fatta più che mai segno agli strali del sospetto e della calunnia ogni qualvolta la bilancia della giustizia piegasse in favore della parte per la quale ha perorata un'avvocatessa leggiadra. Non è questo il momento, né il luogo di impegnarsi in discussioni accademiche, di esaminare se e quanto il progresso dei tempi possa reclamare che la donna sia in tutto eguagliata all'uomo, sicché a lei si dischiuda l'adito a tutte le carriere, a tutti gli uffici che finora sono stati propri soltanto dell'uomo. Di ciò potranno occuparsi i legislatori, di ciò potranno occuparsi le donne, le quali avranno pure a riflettere se sarebbe veramente un progresso e una conquista per loro quello di poter mettersi in concorrenza con gli uomini, di andarsene confuse fra essi, di divenirne le uguali anziché le compagne, siccome la provvidenza le ha destinate."
Queste argomentazioni, come ognun s'avvede, apparvero del tutto convincenti e la Suprema Corte di Cassazione non poté far altro che concordare. Anzi, oltre a far proprie le conclusioni della procura, aggiunse ulteriori seri e convincenti argomenti: intanto a causa il ciclo mestruale non avrebbero avuto, almeno per circa una settimana al mese, la giusta serenità.
E poi c'era il problema del marito, che doveva essere seguito ovunque lo ritesse opportuno ai sensi dell'art. 131 del codice civile allora vigente. Solo il 19 luglio del 1919 la Gazzetta ufficiale pubblicherà la legge 1176 dal titolo emblematico: Norme circa la capacità giuridica della donna. Erano tempi in cui alle donne veniva negato il diritto al voto.
E quando una tale Eloisa Nacciarone, di professione medico, chiese di essere iscritta fra gli elettori di Napoli, ottenne uno scontato diniego. Lei non si diede per vinta e ricorse in Cassazione, la quale il 20 maggio 1907, sentenziò che sebbene nelle condizioni dell'odierna società non prevale più quel presupposto di incapacità che valeva in tempi meno evoluti e più barbari la richiesta non poteva essere accolta in quanto in manifesto contrasto colla tradizione storica per quale il solo pensiero di chiamare la donna a partecipare alla vita pubblica e toglierla anche per un solo momento alla casa sarebbe stato condannato come un'eresia. Bisognerà aspettare ancora diciotto anni per avere riconosciuto questo diritto, sebbene limitato alle elezioni amministrative.
L'ulteriore aspetto paradossale sta nel fatto che proprio il Medioevo dei secoli bui aveva visto affacciarsi alla professione forense la prima donna: Giustina Rocca, che l'8 aprile del 1500 pronunciò, in lingua volgare, un'appassionata arringa al cospetto del governatore veneziano. Ma andando indietro nel tempo, la Storia ci racconta di Ortensia, che patrocinò la causa di alcune matrone che si erano rifiutate di pagare una tassa per contribuire alle spese militari: nessun avvocato-uomo aveva inteso assumere la difesa; lei lo fece e con successo ottenendo la restituzione dei soldi sborsati.
Siamo nel primo secolo avanti Cristo, ma per esercitare ai tempi nell'Italia Unita bisognerà aspettare il 1929!
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Sono Giuseppe D'Alessandro ed esercito la professione di avvocato a Niscemi (CL) sin dal 1980.
Sono autore di libri che si occupano di diritto dal punto di vista del costume e del linguaggio, raccontando con tono semiserio, ma rigorosamente documentato, il meraviglioso e tanto denigrato mondo della giustizia e dei suoi protagonisti. Ho scritto: 1) Bestiario giuridico 1 (Leggi che fanno ridere e sentenze che fanno piangere dal ridere), 2011. Colla editore; 2) Bestiario giuridico 2 (Le offese nel diritto e le offese del diritto), 2011. Colla editore; 3) Truffe, truffati e truffatori (se imbrogliare è peccato, lo è anche farsi imbrogliare), 2012 Colla editore; 4) L' assassinio del mago di Tobruk e la misteriosa scomparsa della figlia, 2013. Bonanno editore; 5) Dizionario giuridico degli insulti, 2016. A&B editore. Ho in preparazione: Avvocato si difenda: fatti e misfatti della professione più bella del mondo. Il mio motto: Beati gli affamati di giustizia perché saranno giustiziati.