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L'uomo della strada ha sempre visto l'avvocato come una persona di cultura, dotato di grande abilità dialettica e in grado perciò di affrontare argomenti con un linguaggio appropriato e il più delle volte aulico, con la singolare capacità di intercalare espressioni in lingua latina, quasi a evidenziare che i Romani sono stati i padri del nostro diritto. A volte però si esagera con espressioni ai più incomprensibili, con un linguaggio (chiamato dispregiativamente avvocatese) che sembra fatto apposta per incutere riverenza se non timore nell'interlocutore. In verità nei tribunali e negli scritti giuridici il fenomeno va via via scemando, mentre prende quota l'uso di parole e frasi considerate una volta scurrili e perciò – per convenzione non scritta - bandite dalla bocca dei professionisti. Tuttavia la categoria degli avvocati non vive nel Limbo, ma in questa società e così come cambia il (mal)costume della società, cambia anche quello degli avvocati. Nel novembre del 1977 lo scrittore Cesare Zavattini sembrò sfondare il muro di moralismo quando in televisione, per la prima volta, pronunciò la parola "cazzo". Ricorda ancora oggi Luca Goldoni, noto giornalista e scrittore, che quando dovette narrare l'accaduto sul Corriere della Sera, battendo a macchina l'articolo, gli tremavano le mani... Oggigiorno non occorre avere doti divinatorie per scoprire che la presenza in televisione di Vittorio Sgarbi fa presagire una serata di insulti e parolacce; col sospetto che il personaggio sia tale proprio per questo (mettendo da parte la sua indubbia preparazione di critico d'arte). In verità quel che conta è il contesto, perché la parolaccia gratuita, svincolata da un certo contesto è percepita come fastidiosa da chi la ascolta; molto meno se essa si inserisce in un discorso ragionato o in scenari adatti. Fece un po' di scalpore la parola <stronzo> pronunciata dall'allora Presidente della Camera Gianfranco Fini, peraltro alla presenza di tanti bambini, riferita a quanti intendevano discriminare gli stranieri (E' uno stronzo chi dice che gli stranieri sono diversi). Addirittura mitica l'intimazione di un ufficiale della capitaneria di porto di Livorno al comandante Schettino (quello della Costa Concordia): salga a bordo, cazzo! Tornando agli avvocati, non c'è da meravigliarsi se il linguaggio utilizzato va di pari passo con quello della società in genere; ed ecco così che tra un termine latino e l'altro si inserisce qualcuno volgare (inteso non come appartenente alla lingua derivata dal latino e parlata dal vulgus). Parallelamente, anche chi si rivolge all'avvocato si ritiene in diritto di usare il medesimo stile. Che è poi quello che comunemente si sente tra i classici scaricatori di porto o...in televisione. Per fortuna durante le udienze avvengono anche episodi simpatici che non trascendono in offese. Siamo a Palermo, aula bunker, nel corso di un maxiprocesso; l'arringa del difensore si protrae oramai da ore, il tono della voce si fa sempre più blando e le argomentazioni appaiono ripetitive. La testa del giudice a latere accenna a qualche movimento dall'alto verso il basso: segno premonitore di un imminente ingresso in campo di Morfeo. E così fu: solo l'assenza del russare impedì di trasformare quella scena in un video virale. Il difensore arringante, davanti a quel tribunale solo formalmente formato da tre magistrati, ritenendo la tesi che prospettava di notevole pregio, si rivolse al presidente Navarra chiedendo in maniera educata, ma perentoria, di svegliare il terzo componente. Il presidente, persona di spirito, respinse la richiesta ritenendosi non legittimato e rivolgendosi al difensore con tono serioso disse: avvocato, voi l'avete fatto addormentare e voi lo svegliate! Raccontava Achille Campanile che sulla tomba di uno scrittore che soleva raccontare di non dormire la notte per scrivere romanzi, un buontempone incise il seguente epitaffio: Si privò del sonno per procuralo ad altri. Storie di altri tempi!
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Sono Giuseppe D'Alessandro ed esercito la professione di avvocato a Niscemi (CL) sin dal 1980.
Sono autore di libri che si occupano di diritto dal punto di vista del costume e del linguaggio, raccontando con tono semiserio, ma rigorosamente documentato, il meraviglioso e tanto denigrato mondo della giustizia e dei suoi protagonisti. Ho scritto: 1) Bestiario giuridico 1 (Leggi che fanno ridere e sentenze che fanno piangere dal ridere), 2011. Colla editore; 2) Bestiario giuridico 2 (Le offese nel diritto e le offese del diritto), 2011. Colla editore; 3) Truffe, truffati e truffatori (se imbrogliare è peccato, lo è anche farsi imbrogliare), 2012 Colla editore; 4) L' assassinio del mago di Tobruk e la misteriosa scomparsa della figlia, 2013. Bonanno editore; 5) Dizionario giuridico degli insulti, 2016. A&B editore. Ho in preparazione: Avvocato si difenda: fatti e misfatti della professione più bella del mondo. Il mio motto: Beati gli affamati di giustizia perché saranno giustiziati.