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Violenza sessuale: sussiste anche se non si riscontrano lesioni nella zona genitale

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Con la sentenza n. 45938 dello scorso 13 novembre, la III sezione penale della Corte di Cassazione, ha confermato la condanna per il reato di violenza sessuale inflitto ad un uomo che, ubriaco, aveva costretto una ragazza, conosciuta in discoteca, a subire un rapporto sessuale, escludendo che la mancanza di lesioni nella zona genitale della donna fosse indicativa dell'assenza della contestata violenza.

Si è difatti specificato che non è manifestamente illogico ritenere che una penetrazione, sia pur violenta, non abbia lasciato lesioni, trattandosi di circostanza che non sempre, necessariamente, si verifica, soprattutto in quei casi – come quello di specie – nei quali l'aggressore, essendo ubriaco, ben avrebbe potuto non porre in atto una penetrazione completa.

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un uomo, accusato dei reati di violenza sessuale aggravata e lesioni personali commessi in danno di una donna.

In particolare l'imputato, recatosi in discoteca, conosceva una ragazza e, per tutta la serata, la corteggiava. 

 A termine serata i due, palesemente ubriachi, si allontanavano dalla discoteca e, giunti nel vicino cimitero, l'uomo costringeva la donna a subire un rapporto anale; a fronte del rifiuto e dell'opposizione della vittima, che tentava in ogni modo di resistere al rapporto sessuale, l'imputato la picchiava in modo selvaggio, massacrandola con pugni.

Per tali fatti, sia il Tribunale di Roma, all'esito del giudizio abbreviato, che la Corte d'appello di Roma, condannavano l'uomo alla pena di otto anni di reclusione per i due reati, riuniti nel vincolo della continuazione, oltre alle pene accessorie di legge.

Ricorrendo in Cassazione, la difesa dell'uomo evidenziava vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo al ritenuto reato di violenza sessuale: a tal fine deduceva come fosse illogico ritenere che, a fronte di una penetrazione attuata con violenza, la persona offesa non avesse riportato lesioni nella zona genitale, a meno che non si fossero utilizzate le lesioni non specifiche dovute alle mai negate percosse quali prova dell'avvenuta violenza sessuale.

La Cassazione non condivide la censura prospettata.

 La Corte premette che il controllo di legittimità consentito sulla motivazione è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato contenga l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo sorreggono e che nella motivazione non siano riscontrabili contraddizioni, né illogicità evidenti, percepibili ictu oculi, restando ininfluenti le minime incongruenze e dovendosi considerare disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, appaiano logicamente incompatibili con la decisione adottata.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte evidenzia che non è manifestamente illogico ritenere che una penetrazione, sia pur violenta, non abbia lasciato lesioni, trattandosi di circostanza che non sempre, necessariamente, si verifica, soprattutto in quei casi – come quello di specie – nei quali l'aggressore, essendo ubriaco, ben avrebbe potuto non porre in atto una penetrazione completa.

Alla luce di tanto, gli Ermellini chiariscono come, nel giudizio di legittimità in corso, non possono procedere alla rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e all'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.

In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso.

 

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