Se questo sito ti piace, puoi dircelo così
La maratona sanitaria di Vincenza Sicari non è ancora finita. Bloccata a letto dal 2014 a causa di una sospetta malattia degenerativa neuromuscolare, l'ex atleta azzurra, 38 anni, è ora ricoverata all'ospedale di Frascati, l'ennesimo - racconta piangendo - cui si è stata "scaricata" per scoprire le cause della paraplegia e cercare quindi le risposte che cerca e non trova. «Non sanno trovare la causa della paralisi agli arti inferiori e così mi fanno passare per paziente psichiatrica, pur sapendo che vari test hanno escluso problemi mentali». Dal letto d'ospedale, Vincenza Sicari commenta sfoderando tutta la sua grinta. Porto tutti in tribunale. Non avrò pietà di chi non ha avuto pietà di me, abbandonandomi per giorni nel mio letto, senza accudirmi, visitarmi, farmi gli esami ordinati. Ci rivedremo in tribunale». Accanto a lei l'avvocato Petrongolo, che non ha mai mollato.
Acclamata quando correva e sbandierava il tricolore, ora dice di sentirsi abbandonata da tutti: istituzioni e quel mondo dello sport che ha contributo a portare in alto. Ma – da maratoneta qual è – non molla. La lodigiana, classe 1979, ha corso con il Centro sportivo dell'Esercito: «Si è completamente dimenticato di me. Ho gareggiato con loro 11 anni, anche a piedi scalzi e di notte perché serviva anche quello. Ma il comandante ha risposto: "Io non posso fare niente" ». Tra le 5 maratone che ha vinto, c'è anche quella di Torino 2008 in 2h29'50", valsa il pass olimpico a Pechino 2008 dove ha chiuso 29ª. Nel 2013 Vincenza ha iniziato a sentire una gran stanchezza che le impediva addirittura di camminare. Aveva febbre di frequente, scoprì di avere una malattia degenerativa neuromuscolare e scattarono visite, analisi e ricoveri che però non portarono a nessuna cura efficace. Da Milano a Crema, poi Legnano e Genova finché una tac rivelò la presenza di un tumore al timo. Subì un intervento chirurgico per la sua rimozione ma non servì a rimetterla in piedi. Un'infinita serie di scaricabarile. Ma il maratoneta vince alla distanza. La sua forza è saper soffrire senza mollare finché arriva sotto il traguardo. Vincenza infatti tiene duro, però di tempo ce n'è poco e lancia un appello: «Chiedo a qualche medico – dice mentre parla distesa sul letto d'ospedale -, a qualche centro neurologico di aiutarmi a fare tutte le ricerche da capo». Questa volta la strada è la più importante che potesse trovarsi di fronte: quella della vita.
È su un letto d'ospedale, non muove più niente, solo le braccia e le mani ma sto perdendo sempre più la forza e non capisco a cosa sia dovuto, abbiamo chiesto aiuto anche all'estero». Storia pazzesca: il dramma va oltre, è avvolto nel mistero. Senza conoscere le cause non si possono prendere le contromisure, sarebbe come correre una maratona senza sapere qual è il percorso da seguire per arrivare fino in fondo. E, intanto, è questo male oscuro che sta divorando Vincenza Sicari, dentro e fuori, costringendola a correre veloce. «Sono dovuta scappare da Roma, nonostante avessi un tumore mi prendevano per pazza. Mi ha ascoltata il professor Mariani (dell'Istituto Sacco di Milano, ndr) e grazie a lui mi sono sottoposta a due biopsie muscolari che hanno confermato la presenza di una malattia degenerativa ai muscoli. Lui ha chiesto aiuto a chi si occupava di queste malattie, e da lì è iniziato questo calvario. Tutti ci dicono "vieni che rifacciamo gli esami" poi arrivo lì, due esami, e mi dicono che sono matta, nonostante non mi muova e ho due biopsie positive, oppure non sanno dove mettere le mani». Perché? Già, perché?
Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.
«Di cosa ti occupi?». Una domanda che ci si sente rivolgere spesso. «Scrivo», la risposta audace del sottoscritto. «Ma no, intendevo dire: che lavoro fai?». Ecco, questa è la premessa. Sono veneto, di Jesolo, fin dal lontano 1959. Dopo un intenso vagabondare che negli anni mi ha visto avviare diverse iniziative imprenditoriali in Europa, ho messo momentanee radici a Busto Arsizio. Il mio curriculum include l’esperienza della detenzione, e non ho alcuna intenzione di nasconderlo perché la considero una risorsa che mi appartiene e mi ha arricchito. No, non mi riferisco ai soldi… Sono attento alle tematiche che riguardano la detenzione in ogni suo aspetto, nella convinzione che si possa fare ancora molto per migliorare il rapporto tra la società civile e il carcere. Ebbene sì, per portare a casa la pagnotta scrivo per alcuni periodici, tra cui InFamiglia, DiTutto, Così Cronaca, Adesso, Sguardi di Confine e Sport Donna occupandomi principalmente di sociale. Ho pubblicato Pane & Malavita per Umberto Soletti Editore. Amo la musica, la lettura e la cucina. Sono nonno e mi manca tanto il mare.