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Con la sentenza n. 1976 depositata lo scorso 11 novembre, la II sezione del Tar Calabria ha dichiarato la legittimità di un'ordinanza con cui si disponeva la demolizione di una veranda che, pur avendo le caratteristiche di un locale chiuso, con conseguente determinazione di un aumento volumetrico, era stata realizzata in assenza di un permesso per costruire.
Il Collegio ha statuito che "le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, poiché determinano una variazione plano volumetrica ed architettonica dell'immobile nel quale vengono realizzate, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire. Si tratta, infatti, di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto".
Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, un uomo presentava una SCIA in sanatoria per l'apposizione di vetrate su una struttura leggera di alluminio, avvitate alla muratura esistente del fabbricato.
Stante l'assenza di un permesso per costruire, il Comune di Catanzaro dichiarava la decadenza definitiva della SCIA in sanatoria presentata dall'uomo, con diffida alla non prosecuzione delle opere e alla rimozione di quelle realizzate; nel provvedimento, l'ente civico rilevava come le opere edilizie oggetto della scia in sanatoria fossero delle verande, le quali – come si evinceva dagli elaborati grafici e dalla documentazione fotografica allegata – presentavano le caratteristiche di locali chiusi, con conseguente determinazione di un aumento volumetrico.
Ricorrendo al Tar, il ricorrente impugnava l'ordinanza eccependo violazione dall'art. 4 del regolamento edilizio vigente della Città di Catanzaro, violazione della Delibera di Giunta, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e della normativa statale, regionale e comunale in materia urbanistica ed edilizia, nonché eccesso di potere per difetto ed erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di motivazione e di istruttoria.
In particolare, il ricorrente si doleva della parte in cui il Comune di Catanzaro – ritenendo non sufficiente la presentazione della scia – lo aveva diffidato alla non prosecuzione delle opere e alla rimozione di quelle realizzate.
Il Tar non condivide la posizione del ricorrente.
Il Collegio ricorda che, nell'Allegato A dell'Intesa sottoscritta tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l'adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all'articolo 4, comma 1-sexies del dpr n. 380/2001, la veranda è stata definita quale «Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili».
Sul punto, la giurisprudenza ha precisato che le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, poiché determinano una variazione plano volumetrica ed architettonica dell'immobile nel quale vengono realizzate, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire. Si tratta, infatti, di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto. Né può assumere rilievo la natura dei materiali utilizzati, in quanto la chiusura, anche ove realizzata con pannelli in alluminio, costituisce comunque un aumento volumetrico.
La sentenza in commento precisa anche come debba escludersi che la trasformazione di un balcone o di un terrazzo in veranda costituisca una "pertinenza" in senso urbanistico: la veranda integra, infatti, un nuovo locale autonomamente utilizzabile, il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie.
Con specifico riferimento al caso di specie, il Tar rileva come le opere oggetto della SCIA in sanatoria, ovvero l'apposizione di vetrate su struttura leggera di alluminio avvitati alla muratura esistente del fabbricato, determinando la creazione di un volume chiuso, necessitavano la presentazione di un permesso di costruire, con conseguente legittimità del provvedimento comunale impugnato, non potendo la presentazione di semplice SCIA sanare l'omissione incorsa.
Pertanto, il Tar rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di lite.
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