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Trust: sopravvenuta estinzione e responsabilità dell’amministratore del patrimonio

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Riferimenti normativi:Art.2 D.L. n.262/2006 - Art.2447 bis c.c.- Art.2645 ter c.c.- Art. 73 D.P.R. n.917/1986 – Art.15 D.P.R. n.602/1973

Focus: Il Trust è un atto dispositivo del proprio patrimonio con cui il titolare di uno o più beni o diritti li trasmette transitoriamente, a titolo gratuito, ad un altro soggetto affinché questi li amministri nell´interesse di un beneficiario o di un fine specifico. È legittimo l'avviso di accertamento e l'intimazione di pagamento nei confronti del trustee (amministratore) nel caso in cui il trust si sia estinto in seguito al raggiungimento dello scopo per cui era stato istituito? Sulla questione si è pronunciata la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia con sentenza n.3490 del 23/11/2023.

Principi generali: L'istituto del trust, nato nel mondo anglosassone, è stato recepito in Italia dal 1992, a seguito della ratifica della Convenzione dell´Aja dell´1 luglio 1985 ( artt. 2 e 11), ed è un atto unilaterale con il quale vengono conferiti, transitoriamente ed a titolo gratuito, i beni in trust, mortis causa o inter vivos, ad una persona (trustee) o ad una società professionale (trust company) in via funzionale e prodromica al successivo trasferimento a favore dei beneficiari. La Convenzione dell'Aja prescrive che sia stabilita una durata massima e un termine di scadenza che viene determinato nell'atto costitutivo e può, comunque, essere risolto prima del termine finale prestabilito. Ciò può avvenire quando lo scopo perseguito è stato anticipatamente raggiunto oppure non sia più raggiungibile. Nel momento in cui il disponente trasferisce beni o diritti in trust il loro trasferimento non genera materia imponibile, ai fini delle imposte sui redditi, né in capo al disponente non imprenditore, né in capo al trust o al trustee, poiché il trasferimento del bene dal "settlor" al "trustee" avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi all'amministratore che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di separazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del "trust".

 

Negli ultimi anni si è, altresì, sviluppata una certa casistica di trust utilizzati dalle imprese in crisi che non siano ancora fallite o assoggettate a procedure concorsuali come strumento alternativo alla liquidazione. Sia la giurisprudenza che la dottrina sollevano perplessità in materia in quanto lo scopo del trust in tal caso si andrebbe interamente a sovrapporre a quello della liquidazione al cui raggiungimento sono obbligati i liquidatori. Come è noto, infatti, il liquidatore deve compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società (art. 2489 c.1) e, poiché è disposta in trust l'intera azienda, l'effetto protettivo non si produce atteso che, ai sensi dell'art. 2560, comma 2 del c.c, il cessionario dell'azienda – il trustee – risponderà dei debiti risultanti dai libri contabili obbligatori, per cui qualunque creditore potrà agire nei confronti del trustee. A differenza delle disposizioni civilistiche, si evidenzia che, da un punto di vista fiscale, l'art. 1, comma 74, L.n.296/2006 ha inserito il trust tra gli enti commerciali e non commerciali nell'ambito dei soggetti che scontano l'Ires di cui all'art. 73 D.P.R. 917/1986. In tale contesto si colloca la sentenza n.3490/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia. Il caso di specie è scaturito da una sentenza di primo grado che, accogliendo il ricorso di un contribuente, aveva annullato un'intimazione di pagamento emessa nei suoi confronti dall'Agenzia delle Entrate per il pagamento di euro 213.065,78, a titolo di l'imposta sostitutiva delle plusvalenze (IRES), ex art.5, comma 1, D.Lgs.n.461/1997, con relativi interessi, e la comunicazione di preventiva iscrizione ipotecaria a garanzia delle somme dovute. L'intimazione di pagamento era stata emessa dall'Ente impositore, ai sensi dell'art.15 del Testo unico sulla riscossione delle imposte sul reddito (D.P.R.n.602/1973), sulla base del precedente avviso di accertamento contro il quale il ricorrente aveva proposto un separato ricorso.


La sentenza di primo grado aveva annullato gli atti impugnati dal ricorrente ritenendo che nessun titolo esecutivo poteva dirsi formato nei contronti di quest'ultimo in quanto il citato avviso di accertamento era stato emesso nei confronti del trust denominato Antec, di cui il ricorrente era stato amministratore (trustee), e che, in seguito al raggiungimento dello scopo per cui era stato istituito, era stato poi liquidato. L'Agenzia delle Entrate ha impugnato con appello la sentenza che, in violazione del citato art.15 del D.P.R.n.602/1973, aveva escluso che il ricorrente fosse assoggettabile all'azione esecutiva erariale sulla base del presupposto accertamento nei confronti del trust di cui lo stesso era stato trustee. Secondo la tesi sostenuta nell'appello, in assenza di personalità giuridica del trust riconosciuta dalla sentenza, poiché per la gestione e il rispetto della separazione patrimoniale a carico del trustee è attribuita a quest'ultimo la rappresentanza legale sui beni in esso conferiti e la conseguente responsabilità per i debiti tributari ai medesimi imputabili, in tale qualità il ricorrente ha dapprima ricevuto e poi impugnato l'avviso di accertamento. La sentenza, invece, aveva escluso che il ricorrente fosse soggetto all'azione esecutiva della riscossione, nonostante la sua legittimazione attiva nel contenzioso avente ad oggetto il precedente avviso di accertamento e malgrado la stessa pronuncia di primo grado avesse escluso che il trust abbia personalità giuridica. La Corte di Giustizia tributaria ha, pertanto, ritenuto fondate le censure dell'Agenzia delle Entrate. In particolare, ha precisato che il trustee, in qualità di gestore dei beni patrimoniali conferiti nel trust, è legittimato passivo per i debiti tributari del trust, oltre che rappresentante dello stesso patrimonio separato nei confronti dei terzi. Al riguardo, è stato richiamato l'art.73, comma 1, lettera d, del testo unico delle imposte sui redditi ( D.P.R. 917/1986), ai sensi del quale sono soggetti all'imposta sul reddito delle società (Ires) "le società e gli enti di ogni tipo compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato". La sopravvenuta estinzione del trust rende applicabili in via analogica le regole contenute nell'art. 36 del testo unico sulla riscossione delle imposte sul reddito (D.P.R.n.602/73), che individua come responsabili per l'imposta sul reddito delle persone giuridiche nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, tra gli altri, i liquidatori di società che non abbiano adempiuto all'obbligo di pagare le imposte dovute dall'ente societario. Pertanto l'appello è stato accolto in quanto i giudici hanno ritenuto legittima l'intimazione di pagamento nei confronti del trustee per le somme dovute a titolo di Ires dal trust estinto, e, in riforma della sentenza di primo grado, sono stati confermati gli atti della riscossione impugnati nel giudizio. 

 

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