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Terapie senza consenso informato, SC chiarisce quando si può ottenere il risarcimento

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Con la pronuncia n. 7248 dello scorso 23 marzo in tema di responsabilità medica per mancato consenso informato, la Cassazione ribadisce che le prescrizioni volte ad ottenere l´acquisizione di un completo ed esauriente consenso informato del paziente, da parte del sanitario, sono dirette a tutelare il diritto di autodeterminazione del paziente e corrispondono ad "una prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l´intervento terapeutico, dal cui inadempimento può derivare - secondo l´id quod plerumque accidit - un danno costituito dalle sofferenze conseguenti alla cancellazione o contrazione della libertà di disporre, psichicamente e fisicamente, di se stesso e del proprio corpo".

Le precisazioni operate dalla Cassazione prendono spunto dalla richiesta di risarcimento avanzata da due genitori per tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti a seguito della nascita del figlio, venuto alla luce con grave sofferenza fetale e subito dopo deceduto. I ricorrenti hanno lamentato la violazione delle norme sul consenso informato – non essendo state fornite loro informazioni precise sui rischi connessi al trattamento terapeutico intrapreso, consistente nell´ induzione farmacologica del parto – e, riconosciuta la sussistenza di uno stringente nesso di causalità fra la terapia somministrata e le conseguenze dannose derivatene (essendo pacifico che non era affatto necessaria l´induzione farmacologica del parto, visto che la paziente era stata precesarizzata), deducevano che una corretta informazione avrebbe potuto mettere la madre in condizione di scegliere di evitare il rischio delle conseguenze dannose poi verificatesi.
 
Ribaltando quanto statuito dalla Corte di Appello – che, nel giudizio di merito, aveva escluso la sussistenza della violazione del diritto all´autodeterminazione come fattispecie autonoma – la Cassazione ne riconosce invece l´autonoma rilevanza ai fini dell´eventuale responsabilità risarcitoria, specificando che "la violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all´intervento e di subirne le conseguenze invalidanti; nonché un danno da lesione del diritto all´autodeterminazione in se stesso, il quale sussiste quando, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (ed, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute".
Si specifica, riprendendo quanto già puntualizzato con la precedente pronuncia n. 2369/2018 commentata su questo portale, che la lesione del diritto alla salute non è automatica, ma è riconosciuta – anche qualora il danno alla salute che si sia verificato per le non imprevedibili conseguenze di un atto terapeutico, necessario e correttamente eseguito secundum legem artis - a condizione che il paziente riesca a dimostrare, anche sulla base di elementi soltanto presuntivi, che egli avrebbe rifiutato quel determinato intervento se ne fosse stato adeguatamente informato.
 
Oltre al danno alla salute, l´inadempimento del medico all´obbligo di informazione può cagionare anche una lesione del diritto all´autodeterminazione, diritto riconosciuto dagli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, oltre che in molteplici fonti nazionali, europee ed internazionali, proprio a dimostrazione della crescente rilevanza e centralità della persona nell´ordinamento giuridico: il rispetto di tale diritto costituisce una doverosa e inalienabile forma di tutela per la libertà della persona umana, atteso il principio personalistico che anima la nostra Costituzione ( Cass. n. 21748/2007 e 23676/2008)
Affinché sia rispettato il diritto all´autodeterminazione, il paziente deve essere in condizione di poter aderire consapevolmente al trattamento sanitario: deve ricevere dal medico, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie o l´intervento chirurgico da eseguire; il medico viene meno all´obbligo di fornire idonea ed esaustiva informazione al paziente non solo quando omette del tutto di riferirgli siffatte informazioni, ma anche quando ne acquisisca con modalità improprie il consenso, sicché non può ritenersi validamente prestato il consenso espresso dal paziente oralmente ( Cass. 19212/2015) o sottoscrivendo un modulo del tutto generico ( Cass. 2177/2016).
La pronuncia in commento ha il pregio di delineare un decalogo di situazioni che possono verificarsi a seguito di una omessa o insufficiente informazione, specificando quando siffatta violazione causa la lesione del diritto alla salute e/o del diritto all´autodeterminazione.
Più nel dettaglio, in caso di omessa/insufficiente informazione, occorre sempre domandarsi se il paziente, ricevute adeguate ed esaurienti informazioni, avrebbe o meno scelto di sottoporsi alla cura. Se all´esito del giudizio controfattuale risulta che, in ogni caso, il paziente avrebbe prestato il proprio consenso, l´unico danno risarcibile potrebbe essere quello alla salute derivante dalla condotta colposa del medico (Cass. 901/2018).
Diversamente, se – ricevuta una omessa/insufficiente informazione – il paziente provi che non avrebbe prestato il proprio consenso qualora correttamente informato, potrà ottenersi:
1.in caso di condotta colposa del medico, il risarcimento sia del danno derivante dalla lesione del diritto all´autodeterminazione che di quello alla salute;
2. in caso di condotta non colposa del medico, il risarcimento sia del danno derivante dalla lesione del diritto all´autodeterminazione (sul piano puramente equitativo) che di quello alla salute (con la precisazione che la lesione alla salute andrà valutata in relazione alla situazione differenziale tra quella conseguente all´intervento e quella, comunque patologica, antecedente ad esso);
3. in caso di intervento correttamente eseguito e qualora nessun danno o peggioramento alla salute sia derivato, il risarcimento del sol danno derivante dalla lesione del diritto all´autodeterminazione, sempre all´imprescindibile condizione che il paziente dimostri, anche mediante presunzioni, che abbia subito le inaspettate conseguenze dell´intervento senza la necessaria e consapevole predisposizione ad affrontarle e ad accettarle, trovandosi invece del tutto impreparato di fronte ad esse.
In ogni caso, condizione di risarcibilità (in via strettamente equitativa) del danno non patrimoniale è che esso varchi la soglia della gravità dell´offesa secondo i canoni delineati dalla Cassazione sin dalle sentenze gemelle del 2008, essendo imprescindibile che il diritto, per essere oggetto di tutela risarcitoria, deve essere inciso oltre un certo livello minimo di tollerabilità, da determinarsi dal giudice nel bilanciamento con il principio di solidarietà secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico.
Rosalia Ruggieri, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Bari, sede di Taranto, nell´anno 2010 e ha conseguito l´abilitazione alla professione forense nell´anno 2013. E´ iscritta all´Ordine degli Avvocati di Bari.
Ha già pubblicato su questo sito, i seguenti articoli: 1) Avvocati: va sanzionato chi aziona più procedure esecutive contro lo stesso debitore, 29 novembre 2017;
5)SC: "Stress forzato del lavoratore dipendente deve essere risarcito". Recentissima sentenza chiarisce portata del danno da straining, 7 aprile 2018;
6) Obbligo banca informare su rischi investimenti, SC: "Se non accade, cliente può recedere dal contratto, pur se esperto", 11 aprile 2018.
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