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Terapie senza consenso informato, SC chiarisce quando è possibile il risarcimento per lesione della salute

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Con la recente pronuncia n. 2369 depositata lo scorso 31 gennaio, la Cassazione ha dettato nuovi ed interessanti principi da seguire per vagliare la fondatezza delle richieste risarcitorie avanzate dai pazienti a seguito della lesione della salute verificatasi per le non imprevedibili conseguenze di un atto terapeutico eseguito in assenza di consenso informato.

La giurisprudenza, sia risalente che recente (ex multis, sent. n. 26827/2017), è granitica nell´affermare che il consenso espresso da parte del paziente a seguito di una informazione completa è un vero e proprio presupposto di liceità dell´attività del medico che somministra la cura.
Per aderire consapevolmente al trattamento sanitario, il paziente deve ricevere dal medico, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie o l´intervento chirurgico da eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti. Ad una corretta e compiuta informazione consegue per il paziente la facoltà di scegliere tra le diverse opzioni di trattamento medico o rivolgersi ad altro sanitario e ad altra struttura; la possibilità di acquisire, se del caso, pareri di altri sanitari; la facoltà di rifiutare l´intervento o la terapia, ovvero di decidere consapevolmente di interromperla.
Il medico che viene meno all´obbligo di fornire idonea ed esaustiva informazione al paziente o che ne acquisisca con modalità improprie il consenso è tenuto a risarcire il danno derivante dalla lesione del diritto di autodeterminazione, a prescindere sia dalla lesione incolpevole della salute che dal fatto che l´intervento sia stato effettuato in modo tecnicamente corretto, per la semplice ragione che, a causa del totale deficit di informazione, il paziente non è posto in condizione di assentire al trattamento.
In tal caso, il danno risarcibile consiste in ogni tipo di pregiudizio non patrimoniale che sia causalmente derivato dalla violazione del diritto fondamentale all´autodeterminazione, essendo il suo rispetto una doverosa e inalienabile forma di tutela per la libertà della persona umana, atteso il principio personalistico che anima la nostra Costituzione (Cass. n. 21748/2007 e 23676/2008).
Oltre alla lesione del diritto di autodeterminazione, con la sentenza in commento, la Cassazione si occupa anche del caso in cui si chieda il risarcimento del danno da lesione della salute che si sia verificato per le non imprevedibili conseguenzedi un atto terapeutico, necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma tuttavia compiuto senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato.
Le precisazioni operate dalla Cassazione prendono spunto dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da una donna che, nel corso di un parto cesareo, aveva subito un intervento di legatura delle tube, a suo dire eseguito senza il suo consenso e senza che fossero intervenute, nel corso dell´operazione, complicanze tali da giustificare clinicamente un intervento di sterilizzazione d´urgenza. Il medico, di contro, nelle sue difese, sosteneva di aver ottenuto il consenso dalla partoriente dopo averla adeguatamente informata circa l´opportunità di adottare, nel caso in cui si fossero manifestate particolari condizioni di criticità nel corso del parto cesareo, iniziative terapeutiche profilattiche quali la sterilizzazione chirurgica tubarica bilaterale.
La Suprema Corte ha chiarito che il risarcimento del danno della salute avrà luogo solo se il paziente riesca a dimostrare, anche sulla base di elementi soltanto presuntivi, che egli avrebbe rifiutato quel determinato intervento se ne fosse stato adeguatamente informato; in particolare, è essenziale che il paziente alleghi che, "tra il permanere della situazione patologica in atti e le conseguenze dell´intervento medico, avrebbe scelto la prima situazione, ovvero che, debitamente informato, avrebbe vissuto il periodo successivo all´intervento con migliore e più serena predisposizione ad accettarne le eventuali conseguenze (e le eventuali sofferenze), predisposizione la cui mancanza andrebbe realisticamente e verosimilmente imputata proprio (e solo) all´assenza di informazione".
Ne deriva che il giudice deve interrogarsi se il corretto adempimento, da parte del medico, dei suoi doveri informativi avrebbe prodotto l´effetto della non esecuzione dell´intervento chirurgico - dal quale, senza colpa di alcuno, lo stato patologico è poi derivato - ovvero avrebbe consentito al paziente la necessaria preparazione e la necessaria predisposizione ad affrontare il periodo post-operatorio nella piena e necessaria consapevolezza del suo dipanarsi nel tempo.
Nel caso sottoposto all´attenzione della Corte, l´attrice non era riuscita a dar prova del fatto che, se fosse stata adeguatamente informata dell´intervento di sterilizzazione tubarica, avrebbe rifiutato la prestazione: ragione, questa, sufficiente per ritenere che l´inadempimento dell´obbligo di informazione non avesse avuto alcuna rilevanza causale sul danno alla salute. In particolare, si è ritenuto che non fosse stato provato il nesso di causalità materiale tra la condotta del medico e la lesione della salute, proprio perché non si era allegato alcunché che avallasse la possibile scelta della donna di non affrontare, in ogni caso, le conseguenze cliniche dell´intervento eseguito diligentemente.
Rosalia Ruggieri
Rosalia Ruggieri, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Bari, sede di Taranto, nell´anno 2010 e ha conseguito l´abilitazione alla professione forense nell´anno 2013. E´ iscritta all´Ordine degli Avvocati di Bari.
Ha già pubblicato su questo sito, i seguenti articoli: 1) Avvocati: va sanzionato chi aziona più procedure esecutive contro lo stesso debitore, 29 novembre 2017,

 

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