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Mutamento destinazione d'uso, oneri contributivi da calcolare soltanto su differenze

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 I giudici della Seconda Sezione del Tar di Catania con la sentenza n. 1475 del 9 luglio 2018 hanno deciso che nell'ipotesi in cui il titolare di una concessione edilizia voglia apportare un cambiamento della destinazione d'uso autorizzata, è tenuto a pagare gli oneri contributivi solo in maniera differenziale.

Cioè è tenuto a versare i contributi al Comune a titolo di differenza tra gli oneri di urbanizzazione dovuti per la destinazione originaria e quelli, se di importo maggiore, dovuti per la nuova destinazione.

I Fatti

Una società, presentava istanza al Comune di Catania al fine di ottenere il rilascio di un permesso di costruire relativo al cambio di destinazione d'uso di un immobile originariamente destinato a collegio per essere destinato ad uffici strutturati, attraverso la realizzazione d'impianti e inserimento di una scala interna dotata di ascensore.

Il Comune provvedeva a rilasciare il titolo concessorio ed effettuava i nuovi conteggi relativi agli oneri di urbanizzazione.

La società destinataria del titolo, con successiva istanza chiedeva al Comune di rideterminare i conteggi effettuati in quanto esistevano nel provvedimento notificatole, evidenti errori di calcolo. Venivano contestate dalla società istante le modalità con le quali sono stati effettuati i conteggi per la determinazione degli oneri da versare; il Comune infatti avrebbe dovuto richiedere il pagamento della sola differenza tra il quantum richiesto in base alla originaria destinazione e quello dovuto per la nuova destinazione e pertanto chiedeva al Comune di procedere allo scomputo .

 Il Comune rimaneva silente e quindi inadempiente .

A questo punto la società interessata proponeva ricorso al Tar con il quale chiedeva l'annullamento parziale del provvedimento impugnato limitatamente alla quantificazione della somma richiesta dal Comune e il riconoscimento del diritto a ottenere lo scomputo degli oneri di urbanizzazione relativi alla precedente destinazione d'uso.

Col ricorso si deduceva: a) la violazione e falsa applicazione dell'art. 7 l.r. 16/2016, nonché delle norme in materia di oneri concessori per la Regione Siciliana, con specifico riferimento agli oneri di urbanizzazione; b) l'eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, arbitrarietà irragionevolezza ed illogicità manifesta, atteso che in caso di mutamento di destinazione d'uso, l'imposizione del pagamento degli oneri di urbanizzazione si giustifica solo in relazione alla differenza tra gli oneri di urbanizzazione dovuti per la destinazione originaria e quelli, più elevati, dovuti per la nuova destinazione.

Il Comune sicostituiva in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.

Motivazione

II Tar preliminarmente,dopo aver chiarito che l'oggetto del ricorso, nonostante la richiesta di annullamento del provvedimento, doveva intendersi come volto ad ottenere l'accertamento del quantum degli oneri di urbanizzazione effettivamente dovuti, ha riconosciuto sussistere la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, comma 1°, lett. f), c.p.a.

 I giudici del Tar hanno nel merito riconosciuto fondato il ricorso proposto.

Gli stessi hanno infatti rilevato " tanto in caso di ampliamento e ristrutturazione edilizia quanto in caso di mutamento d'uso "urbanisticamente rilevante" il titolare del permesso di costruire è soggetto ad un obbligo contributivo solo "differenziale", ossia parametrato sul conguaglio tra gli oneri di urbanizzazione dovuti per l'edificio preesistente e quelli dell'edificio rinnovato ovvero (in caso di cambio d'uso) sulla differenza tra gli oneri dovuti per la destinazione originaria e quelli più elevati del nuovo uso; invero, il cambio di destinazione d'uso oggetto di concessione edilizia, per di più se accompagnato da interventi edilizi interni, comporta l'imposizione di oneri integrativi di urbanizzazione. Infatti, una diversa utilizzazione dell'area interessata, determina una variazione quantitativa e qualitativa del carico urbanistico (v. Cons. Stato, Sez. V, 23 maggio 1997 n. 529; Cons. St., Sez. V, 13 maggio 2014, n. 2437; T.a.r. Sicilia – Palermo, sez. II, 9 aprile 2014, n. 976; T.a.r. Emilia Romagna - Parma, 12 novembre 2013 n. 329)".

I giudici del Tar di Catania per l'occasione, hanno avuto modo di richiamare inoltre la sentenza del Cons. di Stato (v. sentenza, sez. VI, 2 luglio 2015, n. 3298), con la quale si è affermato il principio secondo cui se la costruzione dell'immobile è avvenuta in un'epoca in cui non vigeva ancora l'istituto del contributo concessorio, "il relativo onere deve ritenersi assolto virtualmente, giacché, in difetto di un'imputazione virtuale del pregresso, alla sopravvenuta disciplina impositiva verrebbe data un'inammissibile applicazione retroattiva".

Per tali ragioni il ricorso è stato accolto.

Si allega sentenza

 

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