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Con l'ordinanza n. 1562 dello scorso 22 gennaio, la III sezione civile della Corte di Cassazione – chiamata a esaminare un ricorso per Cassazione formato dalla mera riproduzione dell'atto d'appello e della sentenza della Corte territoriale, tra di loro giustapposti con mere proposizioni di collegamento – ne ha dichiarato l'inammissibilità, posto che il ricorso per cassazione cd. "assemblato" mediante integrale riproduzione di una serie di documenti, implicando un'esposizione dei fatti non sommaria, è pertanto inammissibile, salvo che, espunti i documenti e gli atti integralmente riprodotti, in quanto facilmente individuabili ed isolabili, l'atto processuale, ricondotto al canone di sinteticità, rispetti il principio di autosufficienza.
Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio da una richiesta di risarcimento danni avanzata da un uomo avverso il proprio legale, che lo aveva difeso in quattro procedimenti aventi per oggetto l'accertamento della natura locativa di un contratto stipulato con terzi e l'irregolarità della disdetta che gli era stata comunicata: tutte le controversie si erano concluse con esito per lui sfavorevole e con condanna al pagamento delle spese processuali, previa qualificazione del contratto come affitto di azienda.
Per tali fatti, sia il Tribunale di Bolzano che la Corte di Appello di Trento avevano rigettato la domanda da lui proposta per ottenere il risarcimento dei danni subiti per la colpa professionale del legale.
Il cliente proponeva ricorso per Cassazione deducendo come i giudici di secondo grado non avessero attentamente valutato la diligenza del legale e gli estremi della sua responsabilità professionale.
L'avvocato resisteva con controricorso, censurando, tra le altre cose, le modalità di "confezionamento" dell'atto introduttivo del giudizio in Cassazione che, per le prime 48 pagine (rispetto alle complessive 64), era formato dalla riproduzione dell'atto d'appello e della sentenza della Corte territoriale, tra di loro giustapposti con mere proposizioni di collegamento
La Cassazione condivide la tesi difensiva del controricorrente e, per l'effetto, dichiara inammissibile il ricorso proposto dal ricorrente.
In punto di diritto gli Ermellini ricordano come nel ricorso per Cassazione l'assemblamento dell'atto di appello e della sentenza impugnata viola il precetto di cui al numero 3) dell'art. 366 c.p.c., in quanto – trattandosi un rinvio puro e semplice agli atti di causa – non si formula una esposizione sommaria dei fatti di causa.
L'assemblamento è maggiormente vietato quando il ricorrente non prospetti alcuna narrativa degli antefatti e della vicenda processuale, né determini con precisione l'oggetto della originaria pretesa, così contravvenendo proprio alla finalità primaria della prescrizione di rito, che è quella di rendere agevole la comprensione della questione controversa e dei profili di censura formulati, in immediato coordinamento con il contenuto della sentenza impugnata.
Ne deriva, quindi, che il ricorso per cassazione cd. "assemblato" mediante integrale riproduzione di una serie di documenti, implicando un'esposizione dei fatti non sommaria, è pertanto inammissibile, salvo che, espunti i documenti e gli atti integralmente riprodotti, in quanto facilmente individuabili ed isolabili, l'atto processuale, ricondotto al canone di sinteticità, rispetti il principio di autosufficienza.
Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte osserva che l'inammissibilità determinata dal prevalente assemblaggio attraverso il quale il ricorso introduttivo è stato predisposto, non è stata sanata dal rispetto del principio di autosufficienza per la maggior parte dei motivi proposti.
Difatti, tutte le doglianze prospettate, epurate dalle parti assemblate, risultano non autosufficienti.
Più nel dettaglio, con specifico riferimento alla critica mossa sulla valutazione della prova della diligenza professionale dell'avvocato (che, tra le altre cose, non aveva prodotto alcuni documenti che avrebbero potuto determinare l'esito favorevole della causa), tale critica non è stata accompagnata dalla trascrizione, nel corpo del ricorso, dei documenti che sarebbero stati idonei a dimostrare la sua tesi ai fini del necessario giudizio prognostico: la mancata trascrizione rende inammissibile la specifica censura proposta, perché non soddisfa il principio di autosufficienza del ricorso.
Analoga considerazione è da farsi in relazione alla parte in cui il ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver attentamente valutato il contenuto dell'atto di citazione introduttivo della controversia, nel quale veniva illustrata l'attività del difensore: anche in tal caso la censura non è idonea a superare il vizio determinato dalla tecnica dell' "assemblaggio", perché si difetta di autosufficienza, visto che non viene riportato compiutamente l'atto di citazione del giudizio richiamato in coerente collegamento con i rilievi proposti.
In virtù di tanto, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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