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Reversibilità ed attuale titolarità dell’assegno divorzile

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La Cassazione con la recente sentenza n. 11129 del 2019 ha precisato come per percepire la c.d. reversibilità di cui alla Legge n. 898 del 1970, in caso di concorso con altro coniuge superstite, è necessario riscontrare l'attualità dell'assegno divorzile; è imprescindibile cioè il fatto che il richiedente, al momento della morte dell'ex coniuge, risulti titolare dell' assegno di divorzio, giudizialmente riconosciuto dal Tribunale, dietro proposizione della relativa domanda, concorrendone i necessari presupposti, con una sentenza che abbia pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.La percezione dell'assegno di divorzio dal "de cuius" rappresenta, dunque, "conditio sine qua non" per l'ottenimento del trattamento previdenziale.

Nel caso sottoposto all'attenzione dei Supremi Giudici la vedova del professionista faceva domanda per ottenere la pensione di reversibilità, a seguito della morte di quest' ultimo, da cui aveva divorziato, sul presupposto che la stessa era titolare di un assegno di mantenimento, riconosciutole dal Tribunale in sede di giudizio di separazione, e, che tale decisione non fosse stata modificata dalla successiva sentenza dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Il Tribunale di Roma respingeva, tuttavia, la domanda in quanto l'assegno previsto in sede di separazione rivestiva puramente natura alimentare (funzione solidaristica), e si basava sul presupposto della permanenza del vincolo coniugale, per cui perdeva di efficacia, venendone meno la "ratio", una volta dichiarata la cessazione degli effetti del matrimonio. 

Tale decisione negativa si fondava, inoltre, sul presupposto che in capo alla vedova mancava di fatto la titolarità di un assegno di divorzio e dunque l'attualità della titolarità del diritto richiesta espressamente dall'articolo 9 della legge 898 del 1970 ( cosa che non si verifica ad esempio nel caso del versamento di una quota una tantum) che darebbe luogo ad una sorta di ultrattività della funzione solidaristica dell'assegno divorzile. Di fronte a tale diniego la donna agiva in Appello e poi in Cassazione senza vedere comunque accolta la propria richiesta.

Gli Ermellini, infatti, dando continuità a precedenti orientamenti sviluppatisi in materia, precisano che se da una parte è vero che il coniuge rispetto al quale sia stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che non sia passato a nuove nozze, può vantare il diritto, in caso di morte dell'ex coniuge, all'attribuzione della pensione di reversibilità o di una quota di questa , è anche vero che ciò presuppone che al momento della morte dell'ex coniuge il superstite deve risultare titolare di assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto dal Tribunale, necessitando a tal fine l'esistenza di una sentenza che abbia pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, o anche una successiva sentenza emessa in sede di revisione.

Quindi rammentano i Supremi Giudici seppure esiste un ben preciso nesso funzionale tra l'assegno divorzile ed il diritto alla reversibilità non bisogna confondere le due figure giuridiche.

Per quanto detto ed evidenziato il ricorso viene ritenuto anche di fronte ai Supremi Giudici non meritevole di accoglimento. 

 

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