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Con la sentenza n. 634 dello scorso 4 giugno, la II sezione del Tar Campania, sezione distaccata di Salerno, ha dichiarato l'illegittimità del silenzio serbato da una amministrazione di fronte ad una istanza presentata dai titolari di un fabbricato al fine di ottenere una proroga del permesso di costruire già rilasciato. Si è tuttavia precisato l'impossibilità per il Collegio di emettere l'auspicato provvedimento di proroga, posto che "nel caso in cui venga richiesta e concessa una proroga del permesso di costruire, si è di fronte ad un atto accessorio al titolo abilitativo che, dilatando i confini operativi della sua efficacia temporale, realizza una vera e propria novazione del termine nell'ambito di un provvedimento ancora efficace; tale proroga è frutto una connotazione discrezionale e, più precisamente, al campo della discrezionalità tecnica, in quanto sull'ampiezza temporale della proroga incidono scelte e valutazioni peculiari, per nulla suscettibili di essere incise dal sindacato giurisdizionale".
Il caso sottoposto all'attenzione del Tar prende avvio dalla proposizione di una istanza con cui i titolari di un fabbricato ad uso civile abitazione chiedevano dal Comune ove era ubicato il fabbricato il rilascio del permesso di costruire per la ristrutturazione edilizia e sopralzo parziale del fabbricato; il Comune emanava il richiesto permesso, con una durata triennale.
Prima della scadenza, a lavori quasi ultimati, gli istanti, che, per motivi di sicurezza pubblica e privata, già erano stati costretti a sospendere l'esecuzione dei lavori, richiedevano, una proroga del termine di ultimazione dei lavori, che veniva concessa.
Gli istanti, non riuscendo ad ultimare i lavori per altre vicende sopravvenute, prima dello scadere del termine, formulavano al Comune nuova e motivata istanza di proroga del permesso di costruire, ex art. 15 del D.P.R. 380/01, cui non seguiva alcun riscontro.
Ricorrendo al Tar, i ricorrenti agivano ex art. 117 c.p.a. per ottenere la declaratoria dell'illegittimità del silenzio serbato dal Comune nonché la condanna al rilascio del provvedimento di proroga richiesto.
Il Tar condivide in parte le difese mosse dai ricorrenti.
In punto di diritto il Collegio Amministrativo ricorda che l'obbligo di provvedere nel termine di legge è palesemente scandito nell'art. 2 della Legge 241/1990, il quale, nel declinare un ineludibile principio di certezza giuridica oltre che di tutela dell'affidamento privato, da un lato consacra il tempo a bene degno di rilievo e considerazione giuridica e, dall'altro, impone all'Amministrazione di definire un procedimento, avviato con istanza privata, mediante l'adozione di una soluzione provvedimentale, entro i termini di legge.
Di fronte a un silenzio dell'amministrazione che integra la fattispecie del silenzio inadempimento, il giudice può addivenire ad una declaratoria d'illegittimità del silenzio serbato, ma non può sempre spingersi fino alla condanna al rilascio dell'atto richiesto, incorrendo nel limite invalicabile di cui all'art. 31, comma 3, che consente al giudice uno scrutinio nel merito della fondatezza della pretesa dedotta nonché della giuridica spettanza del bene-interesse della vita unicamente a fronte di un'attività vincolata o quantomeno carente di scelte discrezionali.
Nel caso in cui venga richiesta e concessa una proroga del permesso di costruire, invece, si è di fronte ad un atto accessorio al titolo abilitativo che, dilatando i confini operativi della sua efficacia temporale, realizza una vera e propria novazione del termine nell'ambito di un provvedimento ancora efficace; tale proroga è frutto una connotazione discrezionale e, più precisamente, al campo della discrezionalità tecnica, in quanto sull'ampiezza temporale della proroga incidono scelte e valutazioni peculiari, per nulla suscettibili di essere incise dal sindacato giurisdizionale.
In ragione di tanto, essendo indiscusso che nel caso di specie il silenzio serbato dall'amministrazione comunale sia illegittimo, con conseguente obbligo di provvedere, il Collegio rileva come, nondimeno, non è possibile adottare un provvedimento di proroga che si sostituisca alle valutazioni discrezionali dell'amministrazione, posto che nel caso in esame, la delibazione sottesa al provvedimento di proroga implica necessariamente una valutazione comparativa e ponderativa dei vari interessi in gioco, di esclusiva spettanza dell'Amministrazione.
Da ciò consegue che il Collegio non può spingersi alla condanna dell'Amministrazione intimata, secondo quanto richiesto dalla parte ricorrente.
Alla luce di tanto, il Tar accoglie il ricorso e, per l'effetto, dichiara l'obbligo del Comune di pronunciarsi sull'istanza dei ricorrenti nel termine perentorio di 30 (trenta) giorni, nominando un Commissario ad acta, che provvederà in via sostitutiva, con potestà di delega ad idoneo funzionario in servizio, a semplice domanda di parte, una volta decorso inutilmente il predetto termine perentorio.
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