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A seguito della revoca della sospensione giudiziale delle cartelle di pagamento si applicano gli interessi sul debito per il periodo della sospensione?

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 Riferimenti normativi: Art.47 D.Lgs.n.546/92 – Art.1282 c.c.

Focus: Chi ha presentato ricorso contro una cartella di pagamento può richiedere la sospensione giudiziale della stessa se ritiene di poter subire gravi danni dal pagamento effettuato prima che la Commissione tributaria si pronunci. A seguito di sentenza della Commissione tributaria provinciale che riconosce la legittimità della pretesa tributaria si applicano gli interessi decorrenti dalla sospensione cautelare?

Principi generali: La proposizione del ricorso tributario non ha l'effetto di sospendere automaticamente l'iscrizione a ruolo, a titolo provvisorio, del debito contestato ( art.15 D.P.R.n.602/73). Tuttavia, se dall'atto impugnato può derivare al ricorrente un danno grave ed irreparabile, il ricorrente, ai sensi dell'art. 47, c. 1, del D.Lgs.n.546/1992, "può chiedere alla Commissione provinciale competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto stesso, con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificato alle altre parti e depositato in segreteria". L'istanza di sospensione può essere presentata solo per gli atti impugnabili, indicati dall'art. 19 D.Lgs. n.546/1992, cioè l'avviso di accertamento; l'avviso di liquidazione; il provvedimento che irroga le sanzioni; il ruolo e la cartella di pagamento. 

In ogni caso, gli effetti della sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado, così come disposto dall'art. 47, c. 7, del D.Lgs.n.546/92. Pertanto, a seguito di giudizio definitivo che abbia riconosciuto fondata la pretesa tributaria, il contribuente dovrà pagare gli interessi relativi al periodo di sospensione giudiziale, ai sensi del comma 8 bis dell'art. 47 d.lgs. n.546/1992? Sul tema si è pronunciata la Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n.5692 del 22 febbraio 2022, che ha enunciato un importante principio di diritto in materia. Nel caso posto all'esame della Suprema Corte la Commissione tributaria regionale aveva rigettato l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale che, a sua volta, aveva accolto il ricorso proposto dalla società avente ad oggetto una cartella di pagamento. In particolare, con la cartella venivano recuperati gli interessi, a seguito di revoca della sospensione giudiziale dell'atto impugnato, per effetto della sentenza che aveva parzialmente accolto il ricorso relativo alla precedente cartella di pagamento. La Commissione tributaria regionale aveva confermato la decisione di primo grado affermando che sino al 31 dicembre 2015 non potevano essere applicati gli interessi relativi al periodo di sospensione cautelare. Ciò in quanto dell'applicabilità degli interessi al periodo suddettodecorreva dal 1° gennaio 2016, data di entrata in vigore della nuova disposizione introdotta dal comma 8 bis dell'art. 47 del d.lgs n. 546/1992.

L'Agenzia delle Entrate, pertanto, ricorreva in Cassazione avverso la sentenza di appello per violazione e falsa applicazione degli articoli 47, comma l, 7 e 8 bis del d.lgs. n.546/1992, 1282 cod. civ. e 39, comma 2, del D.P.R. n.602/1973. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate affermando il seguente principio di diritto:«In tema di impugnazione di car­tella di pagamento per interessi dovuti per il periodo di so­spensione cautelare della pretesa fiscale disposta dall'autorità giudiziaria tributaria, l'applicabilità degli interessi maturati durante il periodo di sospensione cautelare discende dall'in­terpretazione dell'art.47 del d. lgs. n. 546 del 1992, indipen­dentemente dalla novella del comma· 8 bis ad opera del d.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, comma 1, lett. r), n. 4), il quale ha inciso solo sulla misura dell'interesse, in quanto la pretesa di interessi da parte dell'Amministrazione finanziaria si fonda sul principio generale di cui all'art. 1282, primo com­ma, cod. civ. secondo cui i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto in misura del tasso legale, salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente.»

 

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