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Con la pronuncia n. 17164 depositata lo scorso 28 giugno, la sezione tributaria della Corte di Cassazione, occupandosi degli aspetti processuali del processo tributario, ha statuito l'importante principio secondo cui è ammissibile produrre per la prima volta in appello documenti già in possesso della parte.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prendeva avvio da un processo verbale di constatazione con cui la Guardia di Finanza constatava ad un contribuente l'omessa dichiarazione di componenti positive di reddito e l'indebita deduzione di componenti negative; ne seguiva l'emissione di un avviso di accertamento con cui veniva recuperato ad imposta maggior reddito ai fini IRPEF, accertato maggior imponibile ai fini IVA e maggiore IRAP, oltre ad addizionale comunale e regionale per l'anno di imposta 2003.
Il contribuente impugnava l'avviso dinnanzi alla CTP di Bologna, censurando come lo stesso fosse stato emesso in violazione delle garanzie poste dallo Statuto del Contribuente e, in subordine, rilevando come la mancata registrazione delle fatture emesse nei mesi di aprile-maggio 2003 fosse imputabile al professionista incaricato della tenuta della contabilità.
Il ricorso veniva accolto e l'Agenzia delle Entrate – proponendo appello dinnanzi alla CTR – produceva documentazione integrativa ex art. 58, comma 2, d.lgs. 546/92; siffatta documentazione veniva dichiarata inammissibile dai giudici della Commissione regionale perché comportante ulteriori esami e valutazioni in violazione del contraddittorio.
Avverso la sentenza della Commissione Regionale, la Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione: si censurava la decisione impugnata nella parte in cui aveva escluso la facoltà dell'Agenzia di produrre in appello nuovi documenti, evidenziando come la sentenza fosse incorsa in violazione e falsa applicazione degli artt. 57 e 58 del d.lgs. n. 546/1992.
La Cassazione condivide le censure formulate dall'Agenzia.
In primo luogo, la Corte ricorda che il secondo comma del già citato art. 58 prevede espressamente la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti in appello: tale facoltà è fatta salva in ogni caso, senza il necessario collegamento con l'art. 345 c.p.c., non essendo tale produzione subordinata – come invece previsto dal codice di rito – dall'impossibilità di produrli in primo grado.
D'altra parte, i rapporti tra processo tributario e civile vanno analizzati alla luce del principio di specialità espresso dall'art. 1 comma 2 del d.lgs. 546/92, in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest'ultima, sicché non trova applicazione la preclusione alla produzione documentale di cui all'art. 345 c.p.c., comma 3, potendo le parti provvedervi anche per documenti preesistenti al giudizio di primo grado (tra le molte, cfr. Cass. civ. sez. 24 febbraio 2015, n. 3661).
In secondo luogo, gli Ermellini richiamano la sentenza n. 199 del 2017, nella quale la Corte Costituzionale – chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità di una norma, quale il citato art. 58, che attribuisce la facoltà per la parte di produrre per la prima volta documenti in appello di cui ne aveva già la disponibilità nel grado anteriore – ha statuito che la previsione di cui all'art. 58 del d.lgs. 546/92 non determina una disparità di trattamento tra le parti del giudizio, così come era stato prospettato dal giudice rimettente perché impedirebbe alla controparte la proposizione dei motivi aggiunti in primo grado: la Consulta, ritenendo non fondata la censura di incostituzionalità, ha precisato che la facoltà di cui all'art. 58 è attribuita ad entrambe le parti del giudizio ed, ad ogni modo, non esiste nessun principio costituzionale che imponga la necessaria uniformità tra processo tributario e civile.
Sotto il profilo applicativo, il disposto di cui l'art. 58 va coordinato – in virtù del richiamo operato dall'art. 61 del d.lgs. 546/92 alle norme sul processo di primo grado – con il combinato disposto degli artt. 22,23,24 e 32, da cui si evince che il deposito di documenti nuovi in appello deve avvenire, alternativamente, a pena di decadenza, nel rispetto del principio di difesa e del contraddittorio, o in occasione del deposito di memorie successive e, comunque, sino a venti giorni prima della data di trattazione del ricorso.
La sentenza in commento evidenzia, quindi, come il deposito della documentazione da parte dell'Agenzia è avvenuto nel rispetto di tali termini, sicché non si è violato il contraddittorio, vieppiù perché i nuovi documenti prodotti in appello dall'Agenzia erano a supporto di pretese e considerazioni già ampiamente svolte.
Il ricorso viene, pertanto, accolto, con rinvio ad altra sezione della CTR dell'Emilia Romagna.
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