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Stella di mare. Lo strano nuovo incontro tra Lucio e Cesare

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 "Occhi negli occhi come in una canzone di Dalla

dove c'è sempre la luna accesa e qualche stella"

In ogni nostro personale maremoto o plenilunio, nell'aderenza a qualsiasi tipo di oroscopo o previsione meteo che sia, c'è una canzone di Lucio che ci risuona in testa. E' una questione dalla quale non ci possiamo esimere e che i Tiromancino, nella citazione iniziale, riescono forse a sintetizzare meglio di questa mia prosa.

Il 29 Settembre 2022 è uscita "Stella di mare" di Cesare Cremonini con Lucio Dalla. Featuring virtuale singolare, strano esperimento effettuato con la voce reperita dalla registrazione originale da studio e mixato sapientemente con un nuovo arrangiamento per lo più elettronico. La canzone, che è la seconda traccia dell'album "Lucio Dalla" uscito nel 1978, potrebbe essere stata tranquillamente scritta stamattina.

Stella di mare si apre con un verticalissimo fermo immagine sulla stanza da letto di una coppia, l'amore entra per la prima volta fra le due piazze matrimoniali del letto, separate ora dall'incertezza di un abbraccio.

"Provo a girare il mio cuscino
è una scusa per venirti più vicino
provo a svegliarti con un po' di tosse
ma tu ti giri come se niente fosse"

Abbraccio che ad un certo punto arriva nella canzone, ed è ricomposizione, tregua del respiro, panico che si attenua in quelle notti in cui la faccia nostra o di chi ci sta accanto appare violata o stanca.

Questo modo di cantare l'amore, in maniera sognata ma allo stesso tempo così prepotentemente reale è una di quelle caratteristiche di Dalla che Cremonini possiede già, e che con un po' di astuzia e con tanto lavoro può sviluppare. Lontano da una certa scrittura indie amorosa oggi esclusivamente ancorata al racconto quotidiano, Cesare mantiene un'equidistanza fra ideale e terreno, un particolare equilibrio fra la tradizione cantautorale italiana e lo sviluppo verso nuove forme di scrittura e interpretazione.

Proprio Cesare, beffardamente ed eternamente innamorato, bolognese, fine pianista, con quell'atteggiamento così espressamente teatrale, potrebbe raccogliere e fare fruttare questa eredità, sperando che non lo schiacci.

Il lavoro che porta a termine con questa operazione musicale non è banale né immediatamente fruibile. E' una canzone da sedimentare che arriva dopo molti ascolti.

Lucio la definì una volta "ritmicamente violenta, come violento a volte è l'amore".

Qui però quella violenza non c'è, il basso dei live non slappa più, e la cassa della batteria è un ricordo ovattato ora dal digitale. Entriamo in una dimensione onirica, in cui i confini fra letto e nave, fra volo e nuoto, i confini del blucielo e del blumare del testo si fanno sfumati.

C'è un tappeto musicale che si apre mano mano, e che nella seconda parte strizza pure l'occhio alla dance music, ma proprio a quel punto, in quel momento di spaesamento, riecheggiano col sintetizzatore sonorità che fanno pensare ad Alan Parson.

E' da apprezzare questa scommessa. Perché qui si gioca sul filo di un'operazione musicale e discografica la cui posta in gioco è molto alta. In cui c'è il rischio di guadagnare o perdere veramente tanto.

E' il rischio dell'arte. Giocarsi sempre il tutto per tutto.

A me da devoto ascoltatore, rimane tanta poesia:

"che le stelle della notte fossero ai tuoi piedi
che potessi essere meglio di quello che vedi
avessi qualcosa da regalarti
e se non ti avessi uscirei fuori a comprarti".

Buon ascolto. 

 

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