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Con la sentenza n. 8090 dello scorso 7 marzo, la III sezione penale della Corte di Cassazione, ha chiarito in quali casi la natura di un'opera edilizia può ritenersi precaria, così da non renderla soggetta ad alcun titolo edilizio.
La Corte ha, difatti, specificato che "la natura precaria dell'opera edilizia non deriva dalla tipologia dei materiali impiegati per la sua realizzazione, tanto meno dalla sua facile amovibilità, in quanto quel che conta è la oggettiva temporaneità e contingenza delle esigenze che l'opera è destinata a soddisfare".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di una donna, accusata del reato di cui all'art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, per aver realizzato un manufatto in legno in assenza di permesso di costruire.
In particolare, il manufatto era composto da quattro pilastri in legno (delle dimensioni di cm. 16×16 l'uno) disposti a maglia rettangolare, sui quali era stato installato un graticcio di travi; i pilastri erano alti mt. 2,15 da un lato e mt. 2,50 dall'altro; l'opera era bullonata a terra.
Disposto il sequestro probatorio del manufatto, il Tribunale di Crotone - accogliendo il ricorso della donna – con ordinanza annullava il decreto con cui era stato disposto il sequestro probatorio.
Il giudice escludeva la rilevanza penale del fatto sul presupposto che l'opera asseritamente abusiva, sostanziandosi in un pergolato in legno, non fissato al suolo in via inamovibile, rientrava nella categoria dell'edilizia libera per la quale non era necessario il rilascio del permesso di costruire, essendo sufficiente una semplice SCIA.
Ricorrendo in Cassazione, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Crotone deduceva violazione degli artt. 6, lett. e), e 44 d.P.R. n. 380 del 2001, dolendosi per la mancata valutazione delle esigenze che l'opera intendeva soddisfare, esigenze che rendevano il dato strutturale insufficiente ai fini della valutazione sulla necessità o meno del permesso di costruire.
La Cassazione condivide la difesa del PG.
La Corte ricorda che – come emerge dalle disposizioni normative (cfr. art. 3, comma 1°, lett. e.5 del d.P.R. 380/2001; art. 6, comma 1°, lett. e-bis del d.P.R. 380/2001e art. 812 c.c.) e dall'interpretazione giurisprudenziale (secondo cui, per distinguere l'opera assoggettabile a regime concessorio da quella realizzabile liberamente, occorre valutare l'oggettiva destinazione dell'opera a soddisfare bisogni non provvisori, nonché la sua conseguente attitudine ad una utilizzazione non temporanea, né contingente, a prescindere dall'incorporamento al suolo o dai materiali utilizzati) – la natura precaria dell'opera edilizia non deriva dalla tipologia dei materiali impiegati per la sua realizzazione, tanto meno dalla sua facile amovibilità, in quanto quel che conta è la oggettiva temporaneità e contingenza delle esigenze che l'opera è destinata a soddisfare.
Il riferimento alla temporaneità e alla contingenza dell'esigenza, piuttosto che alle caratteristiche strutturali dell'opera edilizia ed al materiale impiegato per la sua realizzazione, deriva dalla consapevolezza che il territorio non può più essere considerato strumento destinato al solo assetto ed incremento edilizio, ma come luogo sul quale convergono interessi di ben più ampio respiro che dalle modalità del suo utilizzo (o del suo non utilizzo) possono trovare giovamento o, al contrario, pregiudizio, sì che la sua trasformazione urbanistica ed edilizia costituisce oggetto di compiuta valutazione e comparazione degli interessi in gioco e, dunque, vera e propria attività di governo non sempre, e non solo, appannaggio esclusivo della collettività che lo abita.
In questo contesto, appare evidente che la temporaneità dell'esigenza che l'opera precaria è destinata a soddisfare è quella (e solo quella) che non è suscettibile di incidere in modo permanente e tendenzialmente definitivo sull'assetto e sull'uso del territorio.
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come il Tribunale non abbia accertato se il manufatto avesse natura precaria ai sensi della richiamata interpretazione normativa e giurisprudenziale.
In particolare, il Tribunale, facendo malgoverno dei principi affermati dalla Corte di cassazione in tema di "precarietà" delle opere edilizie, ha sostanzialmente anticipato il giudizio di merito sulla liceità del bene sequestrato, non già valutando la astratta riconducibilità del fatto al reato ipotizzato dal pubblico ministero, ma concludendo senza mezzi termini per la non necessità del permesso di costruire, senza chiedersi se l'opera fosse o meno destinata a soddisfare esigenze temporanee.
In conclusione, la Cassazione accoglie il ricorso del PG, annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Crotone competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, c.p.p..
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