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Abuso edilizio del vicino: l’Amministrazione ha l’obbligo di provvedere sull’istanza di repressione

Abuso edilizio del vicino: l’Amministrazione ha l’obbligo di provvedere sull’istanza di repressione

Con la sentenza n. 859 dello scorso 11 febbraio, il Tar Campania, sezione ottava sede di Napoli, ha statuito l'illegittimità del silenzio serbato da un Comune a fronte della richiesta di un cittadino di accertare la sussistenza di abusi edilizi compiuti dal vicino, adottando le necessarie misure repressive.

Si è difatti precisato che "sussiste l'obbligo dell'Amministrazione comunale di provvedere sull'istanza di repressione di abusi edilizi realizzati sul terreno confinante, formulatagli dal relativo proprietario, il quale gode di una legittimazione differenziata rispetto alla collettività, subendo gli effetti nocivi immediati e diretti della commissione dell'eventuale illecito edilizio non represso nell'area limitrofa alla sua proprietà, onde egli è titolare di una posizione di interesse legittimo all'esercizio dei tali poteri di vigilanza e, quindi, può proporre l'azione a seguito del silenzio ai sensi dell'art. 31 c.p.a.".

Il caso sottoposto all'attenzione del Tar prende avvio dalla presentazione di una istanza con cui il proprietario di un immobile presentava al Comune una segnalazione di abuso edilizio e connesso invito – diffida a verificare la legittimità urbanistica del manufatto realizzato nell' adiacente proprietà del vicino. 

 Stante l'inerzia dell'Amministrazione, l'interessato ricorreva al Tar, affinché fosse accertata e dichiarata l'illegittimità dell'inerzia e/o silenzio inadempimento del Comune maturato sulla sua segnalazione di abuso edilizio e connesso invito – diffida a verificare la legittimità urbanistica del manufatto.

Il Tar, condividendo la posizione e le doglianze del ricorrente, accoglie il ricorso.

Il Collegio Amministrativo evidenzia come nel caso di abusi edilizi, in ragione dello stabile collegamento con il territorio oggetto dell'intervento, il proprietario del fondo vicino gode di una posizione differenziata, nella cui sfera giuridica incide dannosamente il mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi relativi ad abusi edilizi da parte dell'organo preposto; conseguentemente, se non vengono adottate le misure richieste, egli può pretendere un provvedimento che ne spieghi esplicitamente le ragioni, con il risultato che il silenzio serbato sull'istanza integra gli estremi del silenzio - rifiuto, sindacabile in sede giurisdizionale quanto al mancato adempimento dell'obbligo di provvedere in modo espresso.

Ne deriva che sussiste l'obbligo dell'Amministrazione comunale di provvedere sull'istanza di repressione di abusi edilizi realizzati sul terreno confinante, formulatagli dal relativo proprietario, il quale gode di una legittimazione differenziata rispetto alla collettività, subendo gli effetti nocivi immediati e diretti della commissione dell'eventuale illecito edilizio non represso nell'area limitrofa alla sua proprietà, onde egli è titolare di una posizione di interesse legittimo all'esercizio dei tali poteri di vigilanza e, quindi, può proporre l'azione a seguito del silenzio ai sensi dell'art. 31 c.p.a.

 Con specifico riferimento al caso di specie, il Tar rileva come, nel corso dell'istruttoria fosse emerso come il suolo di proprietà del ricorrente era effettivamente confinante con quello ove si stavano realizzando gli abusi edilizi, sicché era un suo diritto ricevere dal Comune un provvedimento esplicito e motivato, in senso positivo o negativo, sulla sua diffida, previo espletamento delle dovute verifiche.

In particolare, era esplicito dovere dell'Amministrazione dar conto dell'esistenza o dell'inesistenza dell'illecito edilizio e dell'eventuale avvio del procedimento di repressione dello stesso, al fine di consentire all'istante di valutare, alla luce dei riscontri forniti dall'Amministrazione, la fondatezza o meno delle proprie doglianze e di impugnare l'eventuale provvedimento sfavorevole.

Alla luce di tanto, il collegio accoglie il ricorso, ordinando all'Amministrazione interessata di provvedere sulla diffida della ricorrente entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione o notificazione in via amministrativa della sentenza.

 

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